Il tema della regionalizzazione dell’istruzione è terreno di scontro tra governo e sindacati. I rappresentanti di categoria, con un documento inoltrato alle istituzioni, sottolineano che la scuola pubblica statale rappresenta lo strumento cardine dell’Italia per garantire eguaglianza e libertà ed è collante indispensabile tra territori e generazioni.
Flc CGIL, CISL FSUR, UIL Scuola RUA, si legge in una nota, denunciano anche le gravi conseguenze legate al conferimento di maggiori poteri alle Regioni in materia di istruzione, come prevedono le intese che il Governo è in procinto di sottoscrivere,
Come già anticipato da La Tecnica della Scuola, i sindacati, rivolgendosi al Governo, alle Commissioni Istruzione di Camera e Senato e ai Presidenti delle due Camere, chiedono di bloccare, rivendicando come indispensabile l’avvio di un ampio confronto nelle aule Parlamentari e nel Paese prima di assumere decisioni su un argomento di tale importanza per la vita delle persone e dell’intera comunità nazionale.
“Quello che si ipotizza – scrivono Francesco Sinopoli, Maddalena Gissi e Giuseppe Turi – non è un semplice decentramento amministrativo: siamo in realtà in presenza di un progetto di vera e propria devoluzione, che investirebbe in pieno il sistema scolastico del Paese, minando l’unità culturale della nazione, per dare vita a progetti formativi regionali e localistici ben al di là di quella giusta attenzione alle specificità territoriali che, già a sistema vigente, sono assicurati dall’autonomia scolastica prevista dalla stessa Costituzione”.
Secondo i segretari generali dei sindacati scuola confederali, “si tratterebbe di un vero e proprio tradimento del lavoro che quotidianamente la scuola svolge per promuovere in ogni angolo d’Italia l’effettivo esercizio del diritto allo studio e rafforzare la coesione della comunità nazionale”.
Sull’argomento, nei giorni scorsi, la Tecnica della Scuola ha più volte realizzato interviste ed approfondimenti. Il 3 gennaio abbiamo intervistato Pino Aprile, giornalista, che si è schierato apertamente contro l’autonomia differenziata.
Sullo stesso tema il giornalista è intervenuto anche su Gilda TV
Più di un anno dal referendum consultivo con cui gli elettori del Veneto si sono detti favorevoli a negoziare con il Governo centrale particolari forme di autonomia su determinate materie, il Veneto si erge capofila di un movimento che in poche settimane ha visto altre realtà regionali unirsi alla “battaglia” (su tutte Lombardia ed Emilia-Romagna).
La Regione Veneto ha chiesto formalmente al Governo e al Parlamento di attuare il processo previsto dalla Costituzione per il riconoscimento di maggiori forme di autonomia alle regioni statuto ordinario.
Al Veneto verrebero attribuite la programmazione dell’offerta formativa e della rete scolastica in coerenza con gli elementi di unitarietà del sistema scolastico nazionale e nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e la regionalizzazione del personale della scuola, compreso il personale dell’Ufficio scolastico regionale e delle sue articolazioni a livello provinciale.
Dunque i dipendenti scolastici avrebbero come datore di lavoro non più lo Stato, ma le Regioni. Con la mobilità che dovrà avvenire quasi esclusivamente tra le scuole del territorio regionale.
Anche i programmi scolastici potrebbero essere personalizzati e su questa linea va intesa la firma di un accordo tra Veneto e Miur sull’introduzione di alcune ore di lezione dedicate alla storia e alla cultura veneta.
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