Nella diretta Facebook di Tecnica della scuola Live del 12 ottobre, torna in primo piano la questione del ritorno della didattica a distanza.
Il direttore del nostro quotidiano online, Alessandro Giuliani, in proposito, chiede a Silvana Vacirca, referente del Comitato Priorità alla Scuola:
Come può essere interpretato il ritorno alla DaD dalle famiglie, come un’azione a tutela degli studenti?
No. La docente non ha dubbi a riguardo: la didattica a distanza è ammissibile solo in fase di lockdown. Per il resto non va bene e non va bene a nessuna età, neanche per gli alunni della scuola secondaria di secondo grado su cui tanto grava.
Le responsabilità
E non è un caso se negli istituti superiori si sia ricorso alla DaD in modo così massivo, poiché è in questo grado di scuola che da sempre riscontriamo il minore investimento di risorse. Ed è un corresponsabilità, del Governo e degli enti locali, quella di non avere trovato spazi aggiuntivi per diminuire i ragazzi per classe.
Sostiene infatti la professoressa: “La città metropolitana non ha trovato gli spazi, il Governo non ha dato le risorse per dimezzare le classi. Se restare a casa davanti al computer è la risposta alla mancanza di fondi, non ci stiamo. La DaD non può essere un modo per risparmiare sulla scuola e per assolvere le responsabilità del Governo. Sulla scuola bisogna investire, è di questo che bisogna parlare prima che della didattica a distanza.”
E a questa considerazione si aggiunge un altro spunto del direttore Giuliani:
Le buone premesse c’erano per il ritorno a scuola: classi sdoppiate, decine di migliaia di docenti aggiuntivi, il cosiddetto organico Covid, locali messi a disposizione dai comuni e dalle scuole paritarie. Ma di tutto questo, si è concretizzato pochissimo.
La risposta del comitato ha messo sotto accusa gli uffici periferici, specie gli USP, che forse, ipotizza la referente, non hanno funzionato. Per le scuole secondarie di secondo grado, infatti, si sono trovati davvero pochi spazi. Piuttosto si è continuato a spalmare le classi poco numerose (sotto i venti alunni) su altre classi, esattamente il contrario del dimezzamento auspicato. Sull’onda di simili decisioni probabilmente a gennaio le iscrizioni si faranno ancora con classi di trenta alunni, nonostante il documento di valutazione dei rischi chieda una sostanziale riduzuione nell’ottica del rischio biologico.