I lettori ci scrivono

No, non è la “finis Italiae”! Quando un microbo può cambiare la storia…

E chi l’avrebbe detto che i primi mesi del nuovo anno ci avrebbero riservato questa sorpresa. Un microbo, spuntato in un angolo del pianeta, rischia di sovvertire lo scenario del mondo. Economia, stili di vita, valori consolidati …

La stessa immagine del nostro paese e l’autostima che abbiamo di noi, in quanto Italiani, in questi giorni, viene presa a schiaffi da stereotipi negativi. Da culla della civiltà a lazzaretto del mondo … Basta dire che, ormai, nei paesi stranieri, i committenti non ritirano più le merci provenienti dalla penisola.

Mai come adesso sperimentiamo, sulla nostra pelle, quanto sia fragile e mutevole una civiltà globale, basata sull’interdipendenza. Eppure, ci vuole ben altro per affossare l’Italia. Abbiamo avuto, nel passato, tutte le crisi e le invasioni possibili. Francesco Guicciardini, nel Cinquecento, parlava de “le horrende guerre de l’Italia” e di “finis Italiae”. Eppure, siamo sempre risorti, più forti e più geniali. Siamo noi, del resto, che abbiamo coniato termini come “rinascimento” e “risorgimento”. E siamo specialisti nel farci del male e nel tornare ad attirare ammirazione sulla scena del mondo.

Certo, potremmo vedere sovvertite le nostre conquiste e le nostre abitudini. Anche l’inevitabile ingerenza dell’autorità pubblica nella vita privata (niente vita sociale, niente abbracci, niente strette di mano …) potrebbe sembrare un attentato alla libertà, caposaldo della civiltà occidentale. In realtà, è solo la dimostrazione che esiste un valore più basilare della stessa libertà. Ed è la sopravvivenza. La conservazione dell’esistenza. La vita, insomma.

Qualunque cosa accadrà nelle prossime settimane, ricordiamocelo, la storia non è mai così banale e scontata. Alla fine, proprio ciò che sembra irrimediabilmente negativo può nascondere opportunità inimmaginabili. L’esempio più emblematico è la peste nera di metà Trecento. Nel 1300, dopo secoli di Medioevo, l’Europa aveva raggiunto di nuovo la popolazione dell’età antica. Circa 75 milioni di persone. Tuttavia, a partire dal 1346, la peste dimezzò la popolazione del nostro continente. La gente, stremata dallo spettacolo della morte, rimase brutalizzata, perse ogni sentimento umano. I morti venivano ammucchiati senza una benedizione. Ma quella che sembrò la fine, fu in realtà una nuova nascita. Dalle ceneri di quella pestilenza è scaturito un nuovo impulso di vita, uno straordinario spirito di vita. Nientemeno che il Rinascimento italiano.

Certo c’è una bella differenza fra il corona virus ed il bacillo di Yersin, causa della peste nera. Ma, oggi, in un mondo globale, un’influenza dalla natura sconosciuta, può causare più disastri di quanti ne abbia fatti la peste del Trecento.

Coraggio. La storia andrà avanti e l’Italia pure. Questa esperienza servirà da benefica potatura. Farà cadere tante cose inutili. Quanto al futuro, esso appartiene, oggi come ieri, a chi sa guardare oltre il tunnel e soprattutto a chi possiede, come noi, dei buoni valori fondamentali.

Luciano Verdone

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