No smartphone, il Ministro continua a dispensare consigli. In questo caso risultano inutili, in quanto il divieto risale a dodici anni fa e le scuole sono avanti. L’esempio dell’Ambito 9 di Roma.
Il Ministro ha rilasciato l’ennesima dichiarazione, confermando che si possono portare a scuola gli smartphone, ma devono essere spenti. Attenzione: non silenziati! L’intervento si conclude con la possibilità di utilizzarli per fini didattici.
Il Ministro Bussetti non dice nulla di nuovo. L’indicazione conferma il Decreto Fioroni del 2007. Si legge: “In via preliminare, E’ del tutto evidente che il divieto di utilizzo del cellulare durante le ore di lezione risponda ad una generale norma di correttezza… In tali circostanze, l’uso del cellulare e di altri dispositivi elettronici rappresenta un elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente configurando, pertanto, un’infrazione disciplinare sanzionabile attraverso provvedimenti orientati non solo a prevenire e scoraggiare tali comportamenti ma anche, secondo una logica educativa propria dell’ istituzione scolastica, a stimolare nello studente la consapevolezza del disvalore dei medesimi.”
Il Decreto Fioroni, ovviamente fa riferimento al dispositivo più semplice: il cellulare che consentiva di effettuare/ricevere chiamate telefoniche, gestire SMS ( messaggini ) e MMS (foto e video). I più evoluti, ma allora erano poco diffusi, potevano connettersi alla Rete. Ecco perché il Decreto evidenzia solo gli aspetti di distrazione, e non i rischi insiti a una superficiale e insicura navigazione nel Web.
Oggi sono stati sostituiti, grazie alla loro ampia diffusione (2012), dagli smartphone
(letteralmente “telefono intelligente). Questi dispositivi sono dei piccolissimi computer tascabili.
La dichiarazione del Ministro conferma la distanza tra l’operato delle scuole e la percezione degli esponenti politici e tecnici. L’impressione è uno scollamento tra il vertice e la base, che si declina nella lezioncina che il Ministro di turno, gli esperti impartiscono in diversi contesti alle scuole arretrate.
Eppure sarebbe sufficiente navigare nel Web, digitare in un qualunque motore di ricerca “Regolamento cyberbullismo…” Un esempio di pessimo funzionamento del servizio stampa del Miur
A questo aggiungo il sospetto che il Ministro non sia a conoscenza dell’esistenza della legge 71/17 che all’articolo 5 comma 2 impone ad ogni istituzione di integrare il regolamento con la parte riguardante il contrasto al cyberbullismo.
I Referenti per il contrasto al cyberbullismo dell’Ambito 9 (Municipio 3 e 15 -Roma) sono un esempio di dinamismo delle scuole. Il Regolamento adottato da quindici istituti comprensivi impone che lo smartphone sia spento. L’inosservanza comporta delle sanzioni graduali.
Abbiamo avviato la settimana scorsa lo stesso percorso per le scuole secondarie di secondo grado.
Gianfranco Scialpi
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