I lettori ci scrivono

Noi, docenti, in prima linea come i medici

Appartengo a quella grande maggioranza di docenti sostenitori della scuola in presenza, considerata l’unica vera scuola, tuttavia, non riesco a comprendere l’ingiustificato rifiuto da parte delle istituzioni di ascoltare chi la scuola la dirige e la fa.

La certezza arrogante di chi nella scuola non è entrato rimbomba ovunque “La scuola è pronta, l’ha spiegato bene il commissario Figliuolo e tutti quelli che già da venerdì sono tornati in classe. Sicuramente siamo preoccupati, come tutti. Però abbiamo fatto un disposto come governo, approvato all’unanimità, che dà anche delle regole chiare per quelle situazioni precise e puntuali che richiedono anche la distanza. Però in principio di base si torna a scuola domani”.

La scuola è pronta? La scuola è sicura? E come? Nessun provvedimento è stato finora preso per mettere in sicurezza le scuole, che so, un semplice impianto di aerazione, ad esempio. E invece arieggiamo le aule, in cui sono stipati almeno 25 alunni, tenendo finestre e porte aperte: ci sottraiamo così al rischio covid, ma non a quello di bronchiti! E diciamo che le temperature non si alzeranno nei prossimi giorni…

Nemmeno saranno fornite ai docenti e agli studenti le mascherine FFP2, le uniche a dare qualche garanzia. Questa è la considerazione che si ha di noi insegnanti in questo Paese!

Siamo una categoria esposta, insieme a quella dei sanitari, ma non ci è dato avere nemmeno mascherine idonee in questa fase della pandemia. Non si può, infatti, ignorare che i docenti, alla pari dei medici, siano esposti in prima linea al rischio di contagio. Ogni docente trascorre quotidianamente dalle due alle cinque ore a contatto con decine e decine di alunni, una platea di un’età compresa tra i 14 e i 19 anni, considerata la categoria più coinvolta nel veicolare il virus. In quali altri ambienti di lavoro in un periodo come questo ci si trova stipati in una stanza?

La classe, purtroppo, determina una condizione favorevole al contagio e il distanziamento è rimasto solo sulla carta. Venga qualcuno dal Ministero a vedere!

Ma il Ministero non se lo pone proprio il problema, anzi, ribadisce il suo granitico “tutti in classe” e per questo è disposto ad autorizzare le scuole a verificare lo stato vaccinale degli studenti.

Il Garante della Privacy  con una nota del 23 settembre aveva evidenziato che “secondo il quadro normativo vigente, agli istituti scolastici non è consentito conoscere lo stato vaccinale degli studenti del primo e secondo ciclo di istruzione, né a questi (a differenza degli universitari) è richiesto il possesso e l’esibizione della certificazione verde per accedere alle strutture scolastiche“, aveva poi ribadito “la necessità che vengano in ogni caso individuate modalità che non rendano identificabili gli studenti interessati, anche al fine di prevenire possibili effetti discriminatori per coloro che non possano o non intendano sottoporsi alla vaccinazione“. Ora invece si può!! Ora la privacy può essere superata! E allora i non vaccinati in DAD, i vaccinati in presenza… e per chi ha prenotato il vaccino, didattica al telefono!

Dove sta il problema? Un bravo insegnante riesce a gestire con professionalità una classe in parte in aula, in parte a casa… e in parte anche al telefono. Perché, in fondo, il nostro compito è quello di intrattenere, non quello di insegnare! Forse qualcuno del Ministero dovrebbe cominciare a interrogarsi su cosa significhi veramente fare didattica e dovrebbe imparare ad ascoltare chi la scuola la fa veramente.

Marina Mangianti

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