Aprile 2015: in una popolare trasmissione tv l’allora presidente del Consiglio Renzi annunciava che, grazie alla “Buona scuola”, nel giro di uno (poi di due, poi di qualche) anno sarebbero sparite le supplenze. Passarono pochi giorni e capii che, più che a far sparire le supplenze, il Governo puntava a far sparire i supplenti, rimpiazzandoli con tirocinanti pagati poco più di trecento euro al mese…a chi chiedeva con quale coraggio si sarebbero potuti cacciare quei lavoratori che a scuola lavoravano da anni, rispondeva con lapidaria solennità il sottosegretario del Miur Davide Faraone: “ la scuola non è un ufficio di collocamento”.
Nuovo governo, nuova considerazione per i precari storici? In campagna elettrorale sembrava di sì, e invece…invece a novembre l’onorevole Azzolina, riferendosi alle voci di un percorso abilitante riservato ai precari storici di Terza Fascia, spiegava che non ci sarà trippa per gatti: “a questi docenti è stata montata la testa”.
Se davanti alle dichiarazioni di un esponente che rappresentava solo una parte del Parlamento potevo indignarmi, di fronte ad un’opinione bipartisan non posso che arrendermi all’evidenza: devo davvero essere un testone, un tappabuchi naïf, talmente ingenuo da credere di essere diventato un “insegnante” solo perché in questi cinque anni ho imparato a gestire le classi, ho fatto il coordinatore, ho preparato centinaia di lezioni in modo da renderle fruibili a ragazzi con esigenze diverse, ho organizzato gite scolastiche, ho accompagnato gli alunni in gita, ho imparato a districarmi tra pdp, pei, bes, dsa, dva, pdf, ptof, clil e altre sigle che, messe tutte insieme, ai profani potrebbero ricordare il più ispirato futurismo; mi sono inoltre atteggiato da insegnante davanti a colleghi, presidi, genitori e, dulcis in fundo, alunni.
Fare un lavoro duro come il nostro con il costante terrore di diventare “esodati” toglie il sonno; così ho preferito mettere da parte ogni velleità, aspettare che qualcuno “lassù” si accorga di noi, del nostro lavoro e della nostra esperienza; confesso però che a volte il testone che è in me torna a farsi sentire e mi suggerisce idee malsane: e se noi docenti di terza fascia, noi tanto imbecilli da “farci montare la testa”, noi incapaci di discernere tra aule scolastiche e centri per l’impiego, cominciassimo a far sentire il peso della nostra assenza? Se cominciassimo a protestare rifiutando di partecipare agli scrutini? Se smettessimo di coordinare le classi? ù
Se cominciassimo a rifiutarci di ricoprire il ruolo di utili idioti in una scuola che non ci riconosce come docenti? Se davvero ci limitassimo a comportarci da “tappabuchi” ? Quel testone continua a ripetermi che, in quel caso, forse qualcuno comincerebbe ad accorgersi di noi, degli utilissimi testoni che lavorano per la scuola italiana.
F.B.
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