Il rapporto dei nomadi con la scuola continua ad essere davvero difficile: ancora oggi, un bambino rom su 5, tra quelli che vivono nei ‘campi nomadi’ in Italia, non inizierà mai il percorso scolastico. A sostenerlo è l’Associazione 21 luglio, che ha presentato a Roma il primo Rapporto nazionale sulla condizione di rom e sinti in Italia nel giorno della Giornata internazionale a loro dedicata.
Dallo studio trova conferma il fatto che “la vita presente e futura di un minore rom è fortemente condizionata dal contesto abitativo”. Tanto che per chi cresce in un insediamento formale o informale, la possibilità di frequentare la scuola secondaria di secondo grado non supererà l’1%, mentre l’accesso all’università sarà prossimo allo 0%.
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Per questi bambini, rispetto a un coetaneo non rom, osserva il Rapporto, saranno “60 volte in più le probabilità di essere segnalati dal Servizio Sociale e di entrare nel sistema italiano di protezione dei minori. Inoltre la loro aspettativa di vita risulterà mediamente più bassa di circa 10 anni rispetto al resto della popolazione e da adolescenti avranno 7 possibilità su 10 di sentirsi discriminati a causa della propria etnia”. “Nel 2013-2014 – riporta il Rapporto – erano 11.657 i minori rom e sinti in emergenza abitativa presenti nel sistema scolastico italiano”.
Confrontando questi dati con quelli dell’anno precedente si conferma l’elevata dispersione scolastica, con un tasso di abbandono di oltre il 50% nel passaggio dalla scuola primaria alle medie e di circa il 95% da quella secondaria di primo grado a quella di secondo.
“Diverse sono le ragioni di questi fenomeni, dagli stereotipi e pregiudizi negativi profondamente radicati nell’immaginario collettivo alla condizione di precarietà abitativa”. Del resto, anche i fatti di cronaca confermano questa ipotesi.
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