Ha preso finalmente avvio, fra difficoltà e polemiche, l’operazione "supplenti in cattedra".
Il Ministero dirama dati confortanti: nel primo giorno di nomine, in 50 province, i capi di istituto avrebbero già assegnato 2mila posti, pari al 10 per cento delle cattedre annuali disponibili.
C’è soddisfazione anche per la trasparenza con la quale procede l’operazione: nel sito del Ministero dell’Istruzione sono disponibili gli elenchi aggiornati delle cattedre disponibili e basta un "clic" per scaricare i dati sul computer di casa.
In molti Provveditorati non si sono viste le code chilometriche degli anni passati; a Torino, per esempio, nella mattinata del 7 settembre l’atrio del Provveditorato era pressochè deserto.
Così non è stato invece a Roma, dove la ressa si è trasformata in rissa, tanto che il Provveditore Roberto Fedele ha già annunciato una denuncia all’autorità giudiziaria: una funzionaria dell’ufficio sarebbe stata malmenata da chi aspettava di essere ricevuto.
Sull’episodio va registrata la ferma presa di posizione della Gilda che in un comunicato "condanna e respinge la violenza perpetrata ieri nel provveditorato di Roma da alcuni individui che si fa molta fatica a credere essere futuri docenti in attesa di cattedra".
La Gilda annuncia addirittura che "se i violenti dovessero essere davvero identificati tra i docenti, chiederà al Ministro della Pubblica istruzione che vengano esclusi dalle graduatorie".
Ma il comunicato dà occasione alla Gilda per polemizzare indirettamente con la Cgilscuola: "E’ compito di tutti – dichiara il coordinatore nazionale Ameli – condannare i violenti e i tanti cattivi maestri che in questi giorni vanno alimentando, attraverso annunci bellicosi sull’autunno, lo scontro ideologico, l’insofferenza e l’intolleranza".
Sul versante delle nomine va segnalata la situazione di Torino, dove – secondo il Coordinamento Cgil-Cisl-Uil dei dirigenti scolastici – in quasi due giorni di lavoro sono state nominate meno di 100 supplenti. Il deludente risultato sarebbe dovuto secondo i sindacati al fatto che a Torino non si è costituita nessuna rete di scuole, contrariamente a quanto avvenuto in altre province.
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