Attualità

Nomofobia, la dipendenza dallo smartphone colpisce due giovani su tre: non staccano nemmeno a scuola

Prima di tutto c’è il telefono cellulare, la connessione ad internet e ai social. Poi si può parlare degli altri interessi e della scuola. È questa la scala di priorità di tantissimi giovani; un comportamento che psicologi e sociologi catalogano tra i più pericolosi, perché compulsivo: pian piano, senza accorgersene, l’attrazione si trasforma in una vera dipendenza.

Il timore di essere disconnessi, di non avere internet sotto controllo, per molti è diventata un’ossessione: gli esperti l’hanno catalogata come “nomofobia”.

Il neologismo

“A partire da uno studio condotto su un campione di 2.163 persone e commissionato da Post Office Ltd all’ente di ricerca YouGov – spiegano su Inside Marketing – è stato coniato il termine inglese nomophobia (nomofobia in italiano). Il neologismo, nato dall’abbreviazione di “no-mobile-phone”, indica il terrore di rimanere sconnessi dalla rete mobile. Sulla dipendenza da smartphone la ricerca condotta nel 2008 ha rilevato che in Gran Bretagna il 53% di chi ne possiede uno manifesta stati d’ansia quando non può usarlo (ad esempio a causa della batteria scarica o del credito in rosso oppure in assenza della copertura di rete)”.

Non è un semplice disturbo

Non è un disturbo, ma una patologia vera e propria. “Nonostante i sintomi siano molto simili a quelli dell’ansia, uno studio condotto da ricercatori dell’Università Federale di Rio de Janeiro – scrive La Repubblica – sembra indicare che la nomofobia sia da considerare una dipendenza patologica piuttosto che un disturbo d’ansia. Si può parlare di nomofobia quando una persona prova una paura sproporzionata di rimanere fuori dal contatto di rete mobile, al punto da sperimentare effetti fisici collaterali simili all’attacco di panico come mancanza di respiro, vertigini, tremori, sudorazione, battito cardiaco accelerato, dolore toracico, nausea”.

L’uso distorto

Praticamente, si sta ottenendo l’esatto opposto di quello che dovrebbe offrire un telefono cellulare o uno smartphone se utilizzato in modo corretto: regolare la distanza nella comunicazione e nelle relazioni, gestire la solitudine e l’isolamento, migliorare i rapporti sociali, supportare i giovani nello studio.

Ne sanno qualcosa gli insegnanti, sempre più in difficoltà nelle ore di lezione, costretti a requisire smartphone e telefonini perché da sotto il banco ogni tanto qualche allievo non può fare a meno di connettersi. A costo di infrangere il regolamento e rischiare note disciplinari e sospensioni dalle lezioni.

E che dire dei genitori che non riuscono a far staccare i loro figli da internet e social nemmeno durante i pasti?

Lo stesso ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, ha tenuto a ricordare che durante gli esami di maturità questi strumenti di comunicazione vanno tenuti rigorosamente spenti.

Un fenomeno mondiale: senza cellulare due su tre si annoiano

Il fenomeno non è solo italiano. Da una ricerca condotta dalla King Car Cultural and Educational Foundation, pubblicata il 12 giugno, risulta che il 64% dei giovani taiwanesi si annoiano senza il loro cellulare e la loro dipendenza dallo smartphone cresce con l’età: circa il 39% di 3.017 alunni di scuola media e primaria di Taiwan intervistati, ha detto di usare i cellulari per oltre tre ore al giorno.

Dall’indagine è emerso anche che quando usano i cellulari, i giovani sono anche molto preoccupati che possa esaurirsi la batteria.

Circa il 35% dei liceali più grandi portano con sé power bank di ricarica quasi ogni giorno. Un insegnante di nome Chang della Taipei Huajiang High School ha commentato che la ricerca conferma la sua esperienza personale.

“Tuttavia, gli studenti hanno bisogno del cellulare anche per tenersi in contatto e per accedere alle informazioni. La supervisione dell’utilizzo richiede la cooperazione tra insegnanti, genitori e alunni stessi”.

Nella chat di classe i video con studenti nudi

L’utilizzo che si fa degli smartphone, in assenza di un controllo, può essere a dir poco distorto. Il 13 giugno il quotidiano “La Provincia pavese” ha scritto che un’alunna di terza media di 13 anni è apparsa nuda, con alcuni compagni, sulla chat di whatsapp della sua classe.

La psicologa che lavora all’interno della scuola è venuta a sapere che i filmati e le foto della ragazzina erano finiti nella chat di classe. Immediatamente sono stati informati gli insegnanti e la dirigente scolastica.

Sono stati convocati i genitori dei ragazzi coinvolti, per informarli su quanto era accaduto, ed è stata avvisata la Questura di Pavia.

Si sta cercando di capire se queste immagini siano state fatte circolare anche su altri social network, oltre a individuare chi li ha prodotti e messi in circolazione.

Alessandro Giuliani

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