Il cuore pulsante delle decisioni politiche, economiche, sociali dipenderà sempre più dalla demografia. Non solo, ma soprattutto.
Che non se ne sia consapevoli, nei nostri conversare, non significa che questo non sia, ma solo che non se ne è consapevoli.
Perché la demografia? Basta dare un’occhiata oggi all’età della popolazione in Italia, in Europa, nel mondo occidentale, e confrontarla con le popolazioni, per quanto ci riguarda, soprattutto con le popolazioni del nord Africa, con quelle del sahel, cioè dell’Africa sub-sahariana, in ragione anche delle loro condizioni politiche, economiche, sociali.
Un mondo in subbuglio, che sta ricercando quell’eden che vede via internet. Realtà o illusione?
Nei Paesi nord-africani il 70% della popolazione ha meno di 30 anni, in Italia il 70% ha più di 30 anni. L’Italia, ma tutto il mondo occidentale, è un Paese, in poche parole, vecchio.
È evidente che avremo degli sconvolgimenti, per cui i flussi migratori saranno la costante. Da governare, non da subire.
E qui sta tutto il problema. Da governare, e non da subire.
Basta una legge come lo ius soli, per come è fatta?
L’inquietudine degli italiani, che si sta traducendo in sempre maggiori perplessità, col 71% di favorevoli nel 2011 calato oggi al 44%, ci dice che non possiamo, che non è giusto rifugiarsi nelle facili polemiche, con più o meno sapore razzista, nè con quella faciloneria che è tipica degli estremismi terzomondisti.
Appunto, perché gli eventi vanno governati. Cosa che, lo vediamo, non è avvenuto, non sta avvenendo.
E gli eventi si governano anzitutto cercando di comprendere, più che le risposte, le domande che stanno alla base di tanta inquietudine. Per risposte poi più adeguate.
Qualcuno se la prende con Papa Francesco, per i suoi appelli. Ma il Papa dice solo il cuore del Vangelo, come invoca la pace ogni giorno, eppure non possiamo dismettere le strutture militari di difesa. Gli ideali, cioè, hanno valore di indicazione, eppoi sta a noi cercare la giusta mediazione tra tante variabili.
Questo significa governare.
Perché non basta dire accoglienza perché ci sia poi, automaticamente, l’integrazione, la convivenza pacifica, la reciprocità, quell’humus sociale, anche culturale, che rende possibile proprio quella “cittadinanza” che è lo scopo, alla fin fine, anche dello ius soli.
Con, al dunque, quella cultura del lavoro e della responsabilità che è il vero cuore, nel concreto, della condivisione, come recita il primo articolo della nostra Costituzione.
Ed è quello che fa la scuola ogni giorno, accogliendo i ragazzi stranieri di prima e di seconda generazione, ai fini della concreta “inclusione”.
Quindi non basta una leggina, ma un parterre di azioni.
Solo così potremo richiedere e riavere la fiducia degli italiani, fugando e prevenendo i dubbi, le perplessità, le insicurezze.
Non basta una leggina, fatta in fretta, ma partire dalle domande senza risposta.
Ma l’Italia, per il essere la frontiera del Mediterraneo, non può far da sola. Ovvio. Se l’Europa vuole riguadagnare consenso deve riconvertirsi oltre i suoi asset economico-finanziari. Ma questa è tutta una stagione ancora da costruire.
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