Qualche considerazione a margine dell’articolo di A. Giuliani del 31/7/2014. Perché le dichiarazioni rese ai giornali dai rappresentanti delle Istituzioni, nazionali e straniere, ossequiano, quasi sempre, la “sentenza” dell’intramontabile Ennio Flaiano secondo la quale “in Italia la linea che congiunge due punti è sempre l’arabesco”?
A proposito delle recenti dichiarazioni del ministro Giannini sui “veti incrociati fra scuola pubblica e privata, frutto marcio di una stagione passata”. Naturale, che la parità scolastica degli istituti debba essere riconosciuta e che debba essere garantito alle famiglie il diritto di scegliere.
C’è una legge, la 62, del 2000. Ma la stessa legge, che ha riconosciuto sul piano giuridico la parità scolastica, è conforme al dettato costituzionale, quello dell’art. 33, secondo il quale “enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”? Che il “frutto marcio” sia rappresentato dal disinvolto superamento dell’art. 33? Ma i ministri della Repubblica italiana, non giurano sulla Costituzione?
In ordine alle difficoltà, economiche, lamentate dalla Cei. La Cei è un organismo dello Stato del Vaticano, che, per quanto enclave, rimane uno Stato straniero che, grazie ai Patti Lateranensi, ha avuto il riconoscimento della assoluta ed esclusiva podestà e giurisdizione sovrana. I “Patti”, all’art.11 del Trattato: “Gli enti vaticani sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano”.
La Cei gestisce l’otto per mille versato dagli italiani e destinato alla Chiesa. Le scuole private sono state esentate dal pagamento dell’Imu, Ici, Tasi. La Corte dei Conti, nella relazione del