Leggo oggi la lettera del collega docente di Italiano e Storia, che lamenta il sovraccarico di lavoro.
Ma mi permetto di non essere d’accordo, proprio da docente di Italiano, Storia, Educazione alla cittadinanza, ma anche da docente di Storia dell’arte, per vent’anni, nei Licei.
Insegno da più di trent’anni, ho iniziato con Lettere, poi ho chiesto il passaggio a Storia dell’arte, materia che amavo molto, e quindi nuovamente a Italiano.
E mi dico: mai tornerei indietro. Avere nove classi, senza continuità didattica, un numero infinito di ore di riunione, poca possibilità di approfondire il rapporto con gli alunni, dover sempre partecipare agli esami di maturità e fare da guida alle gite scolastiche perché lì, misteriosamente, Storia dell’arte diventa improvvisamente fondamentale mentre prima è, come si dice tranquillamente, “la cenerentola della scuola”, ecco, tutto questo è semplicemente ingiusto.
Devo essere sincera, la condizione degli insegnanti di Italiano e Storia è infinitamente migliore.
E anche questo non è corretto. La quantità di ore di lavoro deve essere la stessa. Non ci devono essere docenti di serie A e serie B. Gli incarichi e le funzioni obiettivo devono essere distribuite equamente. Ha ragione qui il collega.
La considerazione nei confronti di ciò che si insegna deve essere uguale.
Perché non dare l’incarico di coordinamento a un docente di Storia dell’arte? In fondo, conferisce una certa responsabilità e autorevolezza.
Ovviamente, togliendo qualche ora di riunione, che, sappiamo benissimo, non è certo fondamentale.
Ma questo non ha nulla a che fare con la disciplina insegnata. Dipende dalla gestione della scuola. Da come vengono distribuiti i compiti e le funzioni obiettivo.
Cioè, dai dirigenti scolastici e anche da noi. Perché la scuola siamo noi.
E dovremmo farlo presente.
Simonetta Lucchi