Lo spirito di una legge sembra importante quanta la sostanza stessa degli articoli in quella contenuti. Esso sottende una visione e un quadro della materia che tratta e regola. Ebbene la visione di scuola del Ddl è davvero difficile da accettare, perché pare non tener nella giusta considerazione che la scuola è un’istituzione specifica, peculiare e non può essere organizzata come una qualsiasi amministrazione pubblica o addirittura come un’azienda privata. L’art. 2 comma 8 stravolge quanto regolato dall’art. 3 del Dpr 275/99, Regolamento sull’autonomia scolastica.
Innanzitutto sopprime il principio di separazione tra funzioni di indirizzo e funzioni di gestione.introdotta per l’amministrazione scolastica dal D.lgs 165/2001 art.25 . Tutte le funzioni, sia d’indirizzo che di gestione sono accentrate nelle mani del dirigente scolastico. Al Consiglio di circolo o istituto, svuotato delle sue attribuzioni fondamentali , è lasciata la funzione di semplice organo di ratifica. Qui emerge lo spirito della legge che sembra considerare gli organi collegiali ,qual è il Consiglio di circolo o d’istituto, quasi come un ostacolo al funzionamento efficiente ed efficace dell’istituzione scolastica. L’altra vera rivoluzione del Ddl Buona Scuola è la procedura di determinazione del fabbisogno del personale docente e Ata e il loro reclutamento.
Ebbene sempre nel magico comma 8 dell’art.2 del DDL si stabilisce che il Piano triennale dell’offerta formativa, elaborato dal Collegio dei Docenti su indirizzi generali del dirigente scolastico, deve prevedere il fabbisogno dell’ organico dell’autonomia. Per la determinazione del personale docente si indicano dei parametri generali di riferimento; per la determinazione del personale ata non solo non si indicano parametri di riferimento, ma la componente Ata della comunità scolastica non partecipa alla definizione del fabbisogno del suo personale ,quasi discriminata. L’art.6 del Ddl, invece, regola il reclutamento del personale, non più nel ruolo provinciale, ma in uno regionale e distribuito in ambiti territoriali. E qui c’è l’altro casus belli: è il dirigente scolastico che si sceglie il suo personale.
Coloro che non sono scelti o rifiutano le proposte dei dirigenti ritornano nei “gironi” degli albi territoriali e il “Caronte” dell’ USR li traghetterà dove meglio crede. Cadono così i principi democratici di scelta del docente e/o ATA che erano previsti dal sistema delle graduatorie per concorso per soli titoli o per titoli ed esami. Inoltre se per i docenti futuri da reclutare si parla di assunzione per concorso per titoli ed esami, per il reclutamento degli ATA futuri non si dà alcuna indicazione. C’è forse da temere che verranno soppressi nella scuola del futuro?
E’ meglio non entrare nel merito degli obiettivi formativi generali indicati dalla riforma, anche se la riforma doveva trattare fondamentalmente la materia della formazione e della didattica in generale piuttosto che dell’organizzazione del personale e dell’amministrazione delle risorse umane. Gli obiettivi , previsti dall’art. 1 e art 2 comma 3 del DDL , non si possono certamente definire cattivi, ma presuppongono istituzioni scolastiche “tuttofare”, panacea di tanti vuoti della società civile, ma con quali mezzi? C’è ancora tanto da riflettere sulla riforma della scuola. Non correre, Renzi!
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