“Fra gli operai più malpagati ci sono gli educatori. Cosa vuol dire? Semplicemente che lo Stato non ha interesse. Se l’avesse le cose non andrebbero così” ha detto Papa Francesco.
Un rimprovero autorevole e fondato, occasione per meditare.
Nella società contemporanea Il riconoscimento economico è una variabile dipendente: varia in funzione dalla qualità della prestazione lavorativa.
La riqualificazione del lavoro dei docenti è la chiave di volta per il superamento dell’insostenibile situazione.
In campo giocano tre squadre: il potere legislativo, il potere esecutivo, il corpo docente.
La “buona scuola” fornisce l’occasione per valutare l’intensità del loro coinvolgimento e della loro maestria nel disegnare un servizio adeguato al contesto socio-culturale odierno.
Il titolo della legge 107 esprime la direzione del cambiamento indotto dalla riforma; è cassata la precedente titolazione che sintetizzava la finalità del sistema scolastico: da “Sistema educativo di istruzione e formazione” a “Sistema nazionale di istruzione e formazione”
I docenti non sono più responsabili della promozione di capacità e di competenze, generali e specifiche, ma sono costretti nella funzione “ripetitore”: i libri di testo e il mondo del lavoro sono i riferimenti certi della loro professionalità. Le competenze specifiche, esibite dagli studenti, sono il parametro principale della valutazione dell’insegnamento impartito.
Il corpo docente ha accetto supinamente la variazione.
1) Il titolo della legge 107, che attesta l’adesione alla cultura sistemica, implica il rispetto del principio: “è il tutto che definisce il significato delle parti”. Principio calpestato: la gestione scolastica è parcellizzata, l’interdipendenza è carattere sconosciuto, ogni soggetto/funzione ha un propria, isolata fisionomia.
2) Il governo di un sistema avviene grazie al feed-back che, comparando gli esiti attesi con i risultati conseguiti, capitalizza le informazioni contenute negli scostamenti e migliora l’efficacia del piani strategici.
La buona scuola muove in direzione opposta, assegnando a terzi l’onere del controllo.
Il corpo docente ha accetto supinamente i due errori.
Il paragrafo 7 della legge 107, che elenca gli obiettivi formativi prioritari, asse portante del piano triennale dell’offerta formativa, confonde i fini con i mezzi: disorientamento, ingovernabilità e confusione sono l’inevitabile conseguenza.
La modificata finalità della scuola ha consentito di ridisegnare la struttura decisionale: la sequenza formazione (rapporto scuola società); educazione (identificazione e perseguimento delle capacità sottese ai traguardi formativi); istruzione (coordinamento degli insegnamenti per la loro convergenza verso traguardi comuni); insegnamento è soppressa, sostituita dal rapporto lineare dirigente-docente.
Il Consiglio di Circolo/Istituto è espropriato della funzione strategica. Il Collegio dei docenti, non essendo stati esplicitati i traguardi da perseguire in termini di capacità e competenze generali, è privato della responsabilità connessa alla progettazione educativa.
Il Consiglio di classe, non essendo orientato, perde la sua ragion d‘essere. Il docente, isolato, è vincolato dal sapere disciplinare e dall’obbedienza alle direttive del dirigente.
I dettami delle scienze dell’organizzazione sono violati.
Il corpo docente ha accetto supinamente il ritorno al passato.
L’art. 1 del DPR del 99, che identificava la sostanza dell’autonomia delle istituzione nella progettazione formativa, educativa, dell’istruzione, è abrogato tacitamente.
Il corpo docente ha accetto supinamente la soppressione.
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