Sembra fra l’altro che la signora, per vendicarsi dei richiamo del professore al ragazzo per la sua cattiva condotta, avesse preso in uso di diffamare l’insegnante proprio per colpirne la reputazione, con l’attribuzione di una ‘etichetta’ sessuale, ma aggiungendo pure, nelle telefonate alla dirigente, che era “pedofilo, gay e maleducato“.
La battagliera, quanto diffamatrice, signora, riferiscono le agenzie, si sarebbe giustificata dicendo che ha agito per “la ‘legittima difesa’ del figlio minore che poteva essere oggetto delle attenzioni particolari del prof, ma i giudici hanno confermato il ‘no’ alla concessione delle attenuanti generiche così come già stabilito dal Tribunale di Cagliari che aveva già convalidato il verdetto del Giudice di pace. Neanche l’altro tentativo, quello cioè di avere riferito voci sentite in giro, ha fatto breccia nelle decisione della Corte.
Riportare simili “voci”, scrive la Cassazione, è un tipo di diffamazione “per nulla scriminata”.
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