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Non è lecito accampare scuse: ciascuno di noi, che sia docente o genitore, è pienamente responsabile delle proprie azioni

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Fine anno: tempo di bilanci sull’educazione dei figli anche sull’onda lunga – e sanguinosa – dell’accoltellamento di un ventiduenne per probabile mano di minorenni, il 12 dicembre scorso in pieno centro a Treviso.
Sul tema, lo psichiatra Paolo Crepet (Il Nordest, 29 dicembre) sostiene che «non serve andare da psicologi, psicanalisti e psichiatri, bisogna fare i genitori, non accampare scuse e fare sistematicamente ricadere le colpe sugli altri». Due giorni dopo, sullo stesso giornale lo scrittore Fulvio Ervas si chiede: “È colpa dei genitori per come stanno andando le cose tra i giovani? Sì, perché è una colpa non mettere in atto alcuna azione correttiva per essere educatori” ma poi propende per il no, perché “è la collettività a non comprendere che un soggetto non può essere al 100% lavoratore, al 100% consumatore, al 100% genitore”.
Se Crepet è tranchant e chiarissimo, il ragionamento di Ervas è un po’ più tortuoso ma alla fine altrettanto chiaro: è la società consumistica a rendere difficile il mestiere di genitore.
Due secoli fa, identica disputa su una questione totalmente “altra”.
Nell’introduzione alla Storia della Colonna Infame (1840) Alessandro Manzoni evidenziò la responsabilità morale degli inquisitori che nel 1630 avevano fatto torturare e condannare a morte cinque “untori” accusati di propagare la peste, e dimostrò che nessuna legge li aveva realmente obbligati a infierire su degli innocenti.
Lo fece in polemica con Pietro Verri, che nelle Osservazioni sulla Tortura ne aveva solo denunciato l’uso, per lui dovuto alla “ignoranza de’ tempi” e non al libero arbitrio di quei magistrati.
Capisco quindi le ragioni di Verri (e di Ervas) che analizzano le brutture dei tempi.
Ma sto dalla parte di Manzoni (e Crepet) perché, trovandomi in difficoltà, mi chiedo sempre se far leva su me stessa o cercare giustificazioni alla mia debolezza. E non ho dubbi nel darmi una risposta, né sul fatto che stare dalla parte di Manzoni sia altamente formativo per chiunque indipendentemente dall’età, e che qualsiasi progetto di un mondo migliore non possa che dipendere da questo assunto.

Caterina Diemoz