Di fronte alle basse competenze prodotte dal nostro sistema educativo, “la valutazione delle scuole può grandemente aiutarlo a migliorarsi. Il Regolamento sulla valutazione definito dal governo non basta: occorre valutare (dall’esterno) i dirigenti scolastici, rimuovendo se necessario chi non rispetti certi standard, e fornire supporto e risorse alle scuole che operano in condizioni di contesto particolarmente difficili”: così l’ex presidente Invalsi che precisa pure: “Cose positive ce ne sono e tante nel nostro sistema educativo, che va avanti grazie a migliaia di docenti che, pur privi di riconoscimenti economici e professionali, vi operano con entusiasmo e dedizione”, ma “occorre valorizzare l’autonomia responsabile delle singole scuole per andare avanti”.
È un bene, per Sesisto, superare il precariato, come sta tentando di fare il Governo Renzi, ma “non capisco però perché dimensionare l’aumento nelle posizioni di ruolo non ai fabbisogni effettivi ma al numero di ‘aventi diritto’ e, soprattutto, perché non usare l’occasione di un forte aumento del numero dei docenti di ruolo per mettere a punto un nuovo sistema di reclutamento, fortemente selettivo e che tenga anche conto della performance effettiva dei docenti, da mettere in prova per un periodo di tempo sufficientemente lungo, tramite un vero e proprio meccanismo di tenure track”.
L’ex presidente Invalsi fra l’altro non crede “che la scuola debba preparare a un lavoro, inteso come uno specifico posto di lavoro in una specifica azienda. La scuola deve però preparare alla vita adulta e il lavoro ne è parte essenziale”.
Se poi si vogliono fare riforme utili alla Nazione, Sestito sostiene che “Non esistono formule magiche. Sebbene io sia per certi versi un nostalgico della riforma dei cicli a suo tempo immaginata dal ministro Luigi Berlinguer. Si discute di come insegnanti meglio selezionati e meglio pagati possano essere più efficaci; di come l’autonomia responsabile delle singole scuole possa indurre queste a migliorarsi e di come, dando loro risorse commisurate ai loro bisogni effettivi (quindi parametrate alle eventuali difficoltà del contesto sociale ove operano) esse possano e debbano farsi carico di una didattica meno tradizionalmente trasmissiva e nozionistica e più flessibile e articolata, a supporto di chi rimane indietro, degli ormai tanti extracomunitari con maggiori difficoltà linguistiche, ma anche a stimolo delle cosiddette eccellenze”. “Spezzare un circolo vizioso richiede di operare su più fronti”.
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