Seppure la pista del terrorismo di stampo mafioso, proprio in concomitanza del ventennale della morte di Giovanni Falcone, sia esclusa in qualche modo dai magistrati, serpeggia comunque nella popolazione il sentore, il timore, la paura, a volta anche la certezza, che quel gesto abbia comunque una relazione con la mafia, che quella scuola, intitolata alla moglie di Falcone, non sia stata un bersaglio casuale.
Che quella bombola fatta scoppiare, seppure il gesto isolato magari di un pazzo, voglia portare comunque con sè un gesto simbolico.
E così è successo che, come racconta in un’intervista sul ‘Corriere della Sera’ il procuratore antimafia di Lecce, Cataldo Motta, sono sempre di più i genitori che si rifiutano di iscrivere i proprio figli e nipoti in istituti intitolati a vittime della mafia.
“Hanno colpito quella scuola e credo che la motivazione principale sia il collegamento col nome a cui è intestata. Dovendosi compiere un attentato la scelta è ricaduta su una scuola dedicata alla moglie di Falcone. L’effetto terroristico dell’attentato c’è stato e ha avuto ancora più effetto perché si tratta di una scuola. Abbiamo ricevuto dei messaggio di genitori che si rifiutano e si rifiuteranno di segnare i propri figli e i nipoti in scuole o in università intestate a vittime della mafia o di terrorismo. Questo è un aspetto molto grave perché vuol dire che c’è chi ha interesse a che queste manifestazioni finiscano. Per fortuna però la risposta dei giovani all’attentato c’è stata, e va in una direzione diametralmente opposta”.
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