Fra le tante cose che i ricercatori fanno prima di avviare un’inchiesta è quella di chiedere agli studenti: “Qual è la domanda che vorreste vi fosse posta?», e loro da sempre, da molto prima della pandemia, dicono “come stai, davvero?”.
Un articolo su Vita.it, cerca di vedere il rapporto con gli alunni da una angolazione diversa e infatti l’estensore dell’articolo spiega: “L’avevo segnalata ai docenti che conosco, perché è una domanda che non esisteva a scuola, se non nei casi estremi, forse perché si presume che a 15 anni non puoi che star bene di salute, i guai fisici si presentano dopo. E invece…
Il cambio di domanda è decisivo per capire se da adulto chiedo “come va a scuola?” e mi sento rispondere “male” penso ad un brutto voto.
Certamente, il docente pensa di avere davanti non già 28 pazienti ma 28 studenti da cui occorre guadagnare l’attenzione per insegnare col rischio che le domande sul benessere diventa l’ennesima materia.
Tuttavia, riporta sempre Vita.it, “a 16 anni si può star male come sempre per un sacco di ragioni, molte passano, ma la scuola ha il dovere di non essere parte di quelle.
Ragazze e ragazzi ci chiedono di essere viste/i, come persone, rispettate nelle loro differenze, riconosciute nella loro unicità, non messe in competizione le une con le altre, messe a studiare su questioni che abbiano un dialogo con le loro vite, in un ambiente sicuro, moderno e attrezzato con gli strumenti che servono ad apprendere, ecc. E questo vuol dire classi meno numerose e per un docente conoscere chi si ha di fronte, prevedere colloqui individuali e momenti collettivi per sciogliere questioni, assegnare lavori in coppia e a gruppi, lavorare su più linguaggi per scoprire le vocazioni espressive individuali, usare più dialoghi e meno lezioni frontali quando è possibile, metter mano al sistema di valutazione sperimentando ad esempio l’autovalutazione, conoscere le risorse di aiuto specialistiche in caso di problemi, ecc.”
È però importante pure fare la stessa domanda: “Come stai?” anche ai docenti e lavorare su quella, perché è chiaro che stanno male anche loro. E dopo il benessere siamo pronti per la prossima domanda, che sta terremotando la presenza in classe: “che senso ha stare qui?”.
Se lo si stanno chiedendo in molti e da un po’ di tempo