Non più l’Europa. Ora…”ce lo chiede l’Ohio”

1 – Ce lo chiede sempre qualcuno! Fino a pochi mesi fa era ricorrente l’espressione “ce lo chiede l’Europa”, usata da personaggi politici sbrigativi, come passepartout, lubrificante, mantra, giaculatoria, slogan, litania, colpo di maglio o ghigliottina per troncare a proprio favore una qualche disputa dialettica. L’evocazione dell’Europa era sempre generica, senza indicazione della fonte, né riferimenti temporali o documentali, perciò non controllabile, e riusciva a spiazzare e ammutolire l’interlocutore. Capitava spesso che l’evocazione dei presunti desiderata, diktat, consigli, ipotesi dell’Europa fosse infondata o inesistente, ma intanto sortiva l’effetto. L’astuzia o l’inganno venne scoperto e denunciato così la cattiva abitudine si ridusse. Per completezza e testimonianza, Luciano Canfora scrisse (2012) pure un breve saggio: “È l’Europa che ce lo chiede! FALSO!” Privati del passepartout dell’Europa, politici ed altri personaggi disinvolti ricorsero e ricorrono ad altri espedienti per supportare e oggettivizzare le proprie affermazioni e punti di vista. Ricorrente è l’uso di dati statistici opportunamente scelti, amputati o estrapolati, decontestualizzati, a volte anche falsificati. È anche frequente il ricorso a frasette sbrigative tipo: “è tempo ormai di ….”, oppure “la tua/vostra posizione è ideologica (ovviamente l’ideologia altrui è sempre perniciosa, fallace, da rigettare)”, ancora “noi stiamo razionalizzando”. Con queste espressioni l’interlocutore che vuole prevalere si pone da solo in una posizione di falsa terzietà: si nomina giudice e si dà ragione da solo! Può darsi che qualche intellettuale scriva un saggio su questi comportamenti dialettici, intanto conviene stare guardinghi.

2 – Adesso …. “ce lo chiede l’Ohio” ? Così viene da pensare (forse maliziosamente) leggendo il recente articolo di Luisa Ribolzi e a sostegno del buono-scuola (o voucher), ed altro, in favore delle scuole private cattoliche. Ribolzi riporta che dal 1995 lo stato dell’Ohio ha adottato un suo “school voucher program” e che nel 2002 la Corte Suprema USA dette torto a chi si opponeva a detto programma dei voucher. Secondo Ribolzi quanto accaduto in Ohio è virtuoso, utile e perciò dovremmo copiarlo o emularlo in Italia! Rispettabile come convinzione personale, ma del tutto infondata e gratuita se diventa proposta o richiesta per il sistema scolastico italiano. Vediamo alcuni perché.

• Perché proprio l’Ohio come esempio e non uno o più degli altri 49 stati? Perché utile per le conclusioni e indicazioni gradite?

• Perché un esempio proprio dagli Usa e non da altri stati federali: Brasile, Argentina, Australia, Canada, …?

• Scrive Ribolzi che l’Ohio intervenne con i voucher per fronteggiare la “pessima situazione delle scuole nel distretto di Cleveland”, mentre in realtà “La nostra non è una cattiva scuola. È una scuola senza risorse” (Mariapia Veladiano – la Repubblica – 4.9.2014). Quindi situazioni molto diverse. E poi la popolazione di Cleveland (400mila) è meno dell’1% di quella italiana!

• Una semplice ricerca in internet testimonia che Ribolzi ha dimenticato od omesso particolari non trascurabili che meglio focalizzano l’iniziativa dell’Ohio. All’inizio, ma forse ancora adesso, per motivi di bilancio, i voucher vennero estratti a sorte. L’Ohio (11 mln di abitanti) ora investe $ 103 mln per circa 31.000 voucher per altrettanti studenti. Solo il 2% degli studenti usufruisce del voucher scuola.

• Considerato che Ohio ha 11 mln di abitanti e che da noi, Stato e Regioni finanziano gli istituti privati “con una dote che sfiora i 700 milioni di euro l’anno” (L’espresso, 2.2.2015), risulta che in proporzione le scuole private italiane ricevono già circa 1/3 in più di quelle Ohioan o Buckeye !

3 – L’Ohio e le regioni italiane Per quanto detto, appare una forzatura l’ipotesi di emulare in Italia (attraverso Lombardia, Veneto, un po’ Sicilia e mediante percorsi tortuosi e azzardati, v. ricorsi) pseudo-soluzioni tampone di cui beneficia (?) il 2% degli studenti Ohioan che corrisponde allo 0,06% (6 su 10.000) di tutti gli studenti Usa, perdipiù con buoni-scuola simbolici e con la complicazione di competenze articolate fra Stato e Regioni. Rimane aperta la questione se è davvero utile per uno Stato – il riferimento è all’Ohio – rendere permanente, istituzionalizzare quella che appare una soluzione tampone, episodica, disponibile e forse buona per pochi. A medio-lungo termine conviene sicuramente ristrutturale il sistema scolastico statale. Sembra – tornando in Italia – che a coloro, che sono per la “soluzione” voucher, più che una scuola davvero buona per ragazzi e famiglie, interessi invece sostenere le scuole paritarie cattoliche per affinità di concezioni e possibili scambi sinergici di favori con il mondo politico.

4 – I “pregiudizi” Veniamo agli enunciati 7 “pregiudizi” 7 sulle scuole paritarie che dovrebbero essere “smontati” da altrettanti dati o frasette. Intanto questi argomenti non sono affatto “sistematicamente ignorati” da chi vi è coinvolto o cerca di seguire le vicende delle paritarie. Del resto, un pregiudizio ignorato o sconosciuto non sarebbe nemmeno un pregiudizio. Vi sono invece posizioni e valutazioni diverse. Poi, è lapalissiano che potrebbe pur essere un proprio pregiudizio affermare che altri sono vittime dei pregiudizi indicati. Consideriamo pregiudizio un “Giudizio basato su opinioni precostituite e su stati d’animo irrazionali, anziché sull’esperienza e sulla conoscenza diretta” (secondo il dizionario Sabatini Coletti). Almeno in parte, pregiudizio è compreso nel significato di ideologia cioè “Complesso di idee e di finalità che costituiscono la ragione d’essere e il programma di un movimento politico, di un partito ecc.” (sempre da Sabatini Coletti). E potrebbe non essere un caso che i sostenitori delle “paritarie pubbliche” o …. dell’”ideologia delle paritarie pubbliche” (introduciamo questo neologismo) si rivolgano ripetutamente ai loro avversari tacciandoli – gratis, cioè a loro insindacabile giudizio – o di posizioni ideologiche o di pregiudizi. È il ricorrente e comodo trucchetto per darsi ragione da se stessi.

4.1 – “le scuole paritarie non sono private, ma fanno parte a tutti gli effetti del sistema scolastico nazionale.” Altroché se le paritarie cattoliche sono è rimangono private! La l. 62/2000, art. 1, c. 1, recita “Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. ….” Ed è il “sistema” ad essere “costituito” e non le scuole a “farne parte a tutti gli effetti”. Non c’è scritto un generico “a tutti gli effetti” senza elencarli. La legge 62/2000 – bisogna riconoscerlo – è come un falansterio contraddittorio e incompleto, uno scheletro in cemento armato che andrebbe completato, riconvertito o abbattuto e rimosso (rottamato). La parte economica, quella che interessa i gestori delle paritarie, è appena abbozzata nei commi n. 9 e succ. Oltre alle risorse necessarie, non ci sono nemmeno i presupposti normativi per voucher pari 4 o 5.000 euro/anno come vorrebbero e lasciano trapelare le scuole cattoliche. Forse la legge in questione venne concepita come testa di ponte di un programma nascosto e segreto ma poi venuto meno e non più realizzato e completato.

4.2 – “dato che l’articolo 33 parla solo di ‘senza oneri per lo Stato’, ecc, ” L’art. 33 Cost. è appunto questo l’ostacolo o l’argine (secondo i pdv). Non sono praticabili trucchetti e furberie trasversali per aggirarlo o ovviarlo, tanto più sostenuti con argomenti capziosi, fragili, non seri. Per chiarezza, andrebbe verificata l’esistenza e l’entità del risparmio di 6 mld (sbandierato e rinfacciato ormai da otto anni), già messa in discussione e ribattuta da Andrea Gavosto (Pres. Fga), e vagliata la richiesta che annullerebbe o …. auto-estinguerebbe questo risparmio. Se lo Stato risparmia ma poi eroga buoni scuola, vuol dire che non risparmia. Chi vorrebbe per sé i 6 o 7 mld che, secondo lui, fa risparmiare, in realtà si contraddice. Come suggerisce Franco Labella, occorrerebbe: “Un atto di coraggio e chiarezza. Ogni volta che leggo articoli relativi alla scuola paritaria mi pongo una domanda semplice semplice che stavolta vorrei porre a Pasolini: perché invece di inseguire soluzioni oblique non si chiede la revisione costituzionale dell’articolo 33?”. Altra strada chiara sarebbe un ricorso alla Corte EDU di Strasburgo per mancata applicazione della “Risoluzione del Parlamento europeo n. 1904, F-67075, 4 ottobre 2012”. Terza ipotesi una proposta di legge di iniziativa popolare che è al vaglio proprio in questi giorni.

4.3 – “invece di scendere in piazza per contestare la privatizzazione ….” Ma che proposta è questa?! Che pregiudizio è questo?! Invece di protestare contro il ddl scuola bisognava prendere atto ecc. ….?! E poi ogni risorsa data dallo Stato alle paritarie è sicuramente sottratta alle scuole statali!

4.4 – “la quasi totalità dei fondi viene data alle scuole dell’infanzia (66%) o primarie (30%) …. “ Lo sappiamo bene che lo Stato è carente e inadempiente su questo fronte , dovrebbe provvedere, invece non lo fa e si mette – anzi si mantiene – nelle condizioni di dover tamponare (lui o le famiglie) con le private. Addirittura lo Stato si lega le mani per favorire le private. L’anno scorso si è scoperto che una legge regionale del Piemonte stabilisce che non si possono aprire scuole dell’infanzia pubbliche se queste costringono alla chiusura scuole paritarie private già operanti! Il caso concreto è accaduto nel comune di Bibiana.

4.5 – “i ragazzi ‘statali’ costano così tanto di più di quelli ‘privati’….” Questa potrebbe essere una leggenda, oppure no. Non disponiamo di dati verificabili e controllabili, con l’indicazione delle loro fonti. Abbiamo solo dati complessivi, all’ingrosso, di parte, che non consentono confronti utili. Chi li cita e fornisce dovrebbe dettagliare e spiegare. La spesa o il costo annuo per studente ‘statale’ viene indicato variabile fra 6.000 e 8.500 euro. Potrebbe darsi che su i ragazzi ‘statali’ ricadano i costi di tutta la macchina ministeriale (Miur, Usr, Ust, Invalsi, Anvur, ….) che comprende burocrati forse numerosi e ben pagati (150 o 200mila euro/anno). Lo Stato inoltre si accolla l’onere – che non grava sulla private – di gestire tutti i tipi di scuola su tutto il territorio nazionale. Poi le scuole paritarie selezionano i ragazzi ‘privati’, che forse ripetono meno. Un confronto serio sui costi statali-private richiederebbe: a) la ripartizione di tutti i costi fra: didattica, organizzazione, burocrazia e gerarchia; b) di essere effettuato fra istituti (uno statale, uno privato) con caratteristiche uguali o il più possibile simili. Altrimenti i dati vantati dalle private possono apparire come finalizzati a propaganda spicciola e di parte.

4.6 – “la scuola paritaria costituisce un mercato del lavoro regolare” Ci mancherebbe che avvenisse il contrario! Sarebbe ben strano e irregolare se ciò non fosse! Le paritarie vanno forse elogiate perché non infrangono la legge? Questo non è un “pregiudizio”. In ogni caso esistono eccezioni di irregolarità, ma si presume che siano poche, minoritarie. L’Agesc ha però manifestato il timore di consistenti (50%) esodi di docenti, dalle private verso le statali, se davvero il governo regolarizzerà l’enorme precariato da lui stesso prodotto.

4.7 – “È lo Stato, non la scuola ‘dei preti’, che seleziona i ‘ricchi’ ….. ” Questa sembra un’affermazione paradossale e inutile. Non è né lo Stato, né la scuola privata che seleziona i ricchi. È la condizione economica e reddituale che li seleziona. Se anche, per assurdo, lo Stato riuscisse ad erogare un buono-scuola consistente e pari al 100% del costo calcolato secondo le condizioni più favorevoli richieste, i ‘ricchi’ sommerebbero il buono-scuola statale alla retta che già pagano senza difficoltà per iscrivere i figli a scuole ancora più costose, magari in Svizzera o altrove all’estero. A meno di escluderli e trasformare esplicitamente il buono-scuola in un sussidio di povertà.

5 – Conclusione “Fermiamoci qui” conclude Luisa Ribolzi perché “nessun argomento ¬ viene ascoltato da chi ha già formulato il proprio (pre)giudizio”. Abbiamo notato che è soggettivo tacciare altri di pregiudizi. Qui si pone una considerazione e una domanda: “ma a chi si rivolge l’autrice e perché?”. A chi la pensa diversamente e dovrebbe uniformarsi? Una specie di “convertitevi”, parzialmente laico, o almeno mettetevi a lato? Questo nemmeno basterebbe. Concludendo davvero, la questione private paritarie è male impostata, tanto che il risultato raggiunto o conquistato è solo simbolico (76 euro), bisogna eventualmente cambiare approccio e strada, riconsiderare la questione e le argomentazioni, confrontarsi diversamente, ascoltare gli altri senza incolparli di pregiudizi, di ideologismo. La Costituzione vigente non è ideologia.

6 – La Corte Suprema Usa Post scriptum. Visto che Luisa Ribolzi apprezza e cita la sentenza della Corte Suprema Usa datata 27 giugno del 2002, segnaliamo la più recente sentenza della stessa Corte Suprema del 26 giugno 2015 – anche questa emessa con 5 favorevoli e 4 contrari – che “guarantees a nationwide right to same-sex marriage”.

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