Il Corriere della Sera dice che il governo preferisce le lavastoviglie ai libri perché per finanziare la rottamazione degli elettrodomestici rincara l’iva sugli allegati ai giornali che, insieme a gadget di ogni tipo, inseriscono pure pregevoli pubblicazioni per diffondere la cultura.
Il governo Letta ha infatti deciso di portare dal 4 al 21%, a partire dal 1 gennaio prossimo, l’Iva sulle “opere culturali (contenuti digitali,musica, audiovisivi) veicolate in abbinamento alle pubblicazioni librarie e periodiche”.
L’obiettivo in realtà, “come si evince dalle dichiarazioni pubbliche in sede di presentazione del provvedimento”, era quello di colpire l’andazzo di allegare a questa o quella rivista, questo o quel libro, i gadget di ogni tipo e forma, dimenticando però che la norma miete tutto ciò che trova nel suo percorso: “nel settore librario ciò significa colpire soprattutto i contenuti digitali innovativi allegati ai libri. I prodotti più colpiti sono i libri educativi (libri scolastici, universitari, sussidi come dizionari o enciclopedie) che frequentemente hanno un’estensione digitale: eserciziari, approfondimenti, simulazioni di laboratorio virtuale, ecc.; i libri per bambini spesso accompagnati da audio-letture; quelli professionali o preziose operazioni culturali basate sul multimediale (si pensi ai testi teatrali accompagnati dal video di una rappresentazione)”.
Una “svista” piccola ma clamorosa, dice il Corriere, perché appunto quintuplicando l’Iva sugli allegati alle pubblicazioni si colpiscono i manuali dalla scuola d’infanzia all’università.
L’Unione Europea, dice l’associazione editori, “con la Direttiva 47 del 2009, ha introdotto la possibilità di equiparare l’Iva sui libri cartacei con quella dei libri digitali su supporto fisico. Mentre gli altri Stati membri implementano la Direttiva, in Italia si abolisce l’unico caso — quello dei libri misti — in cui l’equiparazione già esiste, caso per altro presente in pressoché tutti i Paesi europei”
Una contraddizione plateale, sottolinea ancora il Corriere, perché uno su quattro dei libri scolastici è integrato con materiale digitale che aiuta gli insegnanti a insegnare e gli studenti a studiare. E la formula del “libro misto” cresce anche tra i manuali universitari.
Il Rapporto sull’editoria per ragazzi 2013 spiega pure che nel primo decennio degli anni Duemila il comparto è cresciuto “al ritmo medio annuo dell’1,5%” ma “con il 2011 si è registrata una prima frenata e, nel 2012, il segno meno (parliamo di un -6%)” ha colpito anche qui. E non si tratta solo di libretti di puro svago. Men che meno associabili ai videogames o ad altri capricci adolescenziali.
“È perfino paradossale”, dice il dossier, “ma oggi le vere agenzie che si occupano di promozione della lettura nel nostro Paese sono diventate le famiglie che procurano libri e li leggono ai loro figli, e le case editrici che li pubblicano e diffondono. Altro che scuola, biblioteche, festival letterari o saloni del libro. Come possiamo leggere se non in questo modo, il fatto che il 63,3% dei bambini di 2-5 anni (in proiezione 1,4 milioni di bambini) legge, colora, sfoglia libri o albi illustrati tutti giorni al di fuori dell’orario scolastico? E soprattutto che questa percentuale cala al 54,3% tra i 6-10 anni quando iniziano a frequentare la scuola elementare?”.
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