La preside di un Istituto comprensivo di Roma con 1100 studenti lancia un grido di dolore: “Alle primarie e alle medie è emersa dagli scrutini del secondo quadrimestre una incapacità espositiva nella produzione orale e scritta. C’è stato un abbassamento molto forte dei livelli. Quest’anno in terza media sarà reintrodotta la prova scritta di italiano. Non so come i ragazzi che non sono più abituati si cimenteranno con un testo argomentativo. Anche in inglese ci sono grosse difficoltà, sia le primarie che le secondarie sono scese di un livello rispetto a prima della pandemia. Certamente oltre alla Dad, ha inciso anche la sospensione del Trinity e del Delf per il francese. Così si posizionano sulla sufficienza”.
Le parole della preside sono riportate nel corso di una intervista al Messaggero dove si legge ancora che nella sua scuola non si sono registrate le eccellenze della pre-pandemia: “Tante insufficienze in matematica, infatti attiveremo corsi di recupero mirati. E soprattutto grossissimi disagi per gli stranieri, che sono il 45,6% della popolazione scolastica. Abbiamo dovuto attivare tantissimi piani didattici personalizzati, ovvero semplificazioni delle programmazioni con obiettivi minimi. Anche qui le valutazioni sono comunque più basse rispetto a prima: gli stranieri si sono assestati sul livello base, pochi a quello intermedio. Anni fa il livello era invece medio alto. La Dad e la scuola ad intermittenza hanno danneggiato tutti, ma soprattutto le situazioni più disagiate. La scuola in presenza è fondamentale”.
Ma non solo, continua la dirigente, gli insegnanti hanno pure notato “che i bambini delle elementari spessissimo, anche in quinta, non conoscono la differenza tra destra e sinistra, sono goffi, scoordinati sul dove andare. Terribile. Questo mi ha lasciato perplessa. Cosa sta succedendo? Possibile che siano tutti in questa situazione? Inoltre, sulla valutazione artistica alla primaria abbiamo riscontrato che non sanno disegnare, non sanno suddividere un foglio, tenere la matita, organizzare il lavoro all’interno di un foglio”.
Dunque, secondo la dirigente i ragazzi vivrebbero “molto la realtà virtuale. Li chiamo generazione pollice opponibile, bravissima con la play station ma che poi non sa riversare su un foglio di carta la percezione di una immagine e la realizzazione della stessa. Vivono attraverso il cellulare anche fra loro, in presenza, facendosi selfie e postando su instagram e tik tok. C’è una sovraesposizione al digitale che andrebbe rivista. Dai docenti e dalla società in generale che ci circonda”.
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