Home I lettori ci scrivono Non servono gli aumenti stipendiali, se non c’è più il prestigio

Non servono gli aumenti stipendiali, se non c’è più il prestigio

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Spett Redazione.

Voi e molti ne fate soprattutto una questione di dare più soldi ai docenti. Errore, mi spiace.

Nessuno nega il peso della questione economica, ma un tempo I docenti, pagati come sempre, erano tuttavia rispettati assai di più di adesso.

Chi frequentava una scuola superiore faceva una scelta più o meno consapevole. Se poi era nella scuola dell’obbligo, la scelta la facevano i genitori, ancora chiamati “padre” e “madre”.

Diplomarsi al meglio corrispondeva ad un investimento sul futuro, dato che la cultura appresa e connesse competenze godevano di riconoscimento sociale. Saper leggere e padroneggiare il linguaggio in lingua italiana e straniera, conoscere gli autori e i testi da loro prodotti, la storia, l’arte e dall’altra parte avere conoscenze e competenze tecniche e scientifiche… Tutto ciò faceva la differenza tra chi “studiava” e chi no, come si diceva.

Ma questo implicava una condizione preliminare, riassunta in due parole: meritocrazia e selezione, considerando sia l’impegno, sia le attitudini.

Tali fattori un tempo pesavano anche tra i bambini delle elementari… E per fortuna! Avendo essi notevole valenza formativa, sia sul piano morale, sia su quello pedagogico.

La “vecchia” scuola formava assai di più di quella attuale, spingendo la volontà raggiungere determinati traguardi! Attraverso un necessario tirocinio, sebbene molti insegnanti non ne fossero all’altezza. Uno storico problema.

La “psicopedagogia” attuale, preannunciata dai Don Milani di turno (ideologicamente gestiti da sinistra) ribaltò totalmente la prospettiva, trasformando bambini ed adolescenti in altrettante “vittime” presunte di una scuola presunta macchina repressiva, che si trattava semplicemente di capovolgere su modelli pseudo montessoriani, lacaniani e quant’altro… Sposando il comportamentismo di skinner e puntando ad una specie di collettivismo autogestito, secondo il quale la figura del docente vero e proprio… svapora in quella di una mamma sociale, rivolta al “benessere” e alla “accoglienza-inclusione” dei teneri pargoletti di ogni sesso (uno, due, tre, eccetera) che come il buon selvaggio di Rousseau non sono mai veramente responsabili di ciò che compiono, ricadendone ogni causa (Littizzetto docet) sulle “capacità di dialogo di empatia” degli insegnanti.

L’istruzione si svolge ormai tramite pacchetti preconfezionati, chiamati “educazioni” e “progetti” e gli spazi dei docenti, fossero pure, “rara aves” empatici e graditi ad alunni e genitori-clienti (riuniti in quei collettivi politici che sono ormai diventati i consigli di classe), si riducono anche del 40-50 per cento. Provare per credere!

Come puoi riuscire a mettere in piedi una buona didattica con un terzo e passa di monte ore di lezione in meno?

Qui mi fermo.

Ma che i quattrini c’entrino poco immagino che si sia ampiamente compreso.

Distinti saluti.

Franco Cordiale