A seguire, nello stesso pomeriggio, si svolgerà un altro sit-in davanti il Miur: questo sarà organizzato da Anief, che metterà a disposizione dei lavoratori i pullman per raggiungere la capitale da tutta Italia.
Non mancano naturalmente i motivi cogenti, alla luce del Ddl approvato in Consiglio dei ministri giovedì scorso. Larga è la piattaforma della protesta: dalla richiesta di inserimento immediato in GaE di tutti i docenti abilitati a partire dalla seconda fascia d’istituto, e la conseguente immissione in ruolo laddove vi sono posti liberi, al pagamento degli scatti di anzianità negato ancora dal Ccnl 2006/2009 e delle ferie; dal recupero del primo gradino stipendiale ai neo-assunti tolto dal Ccnl 2011, alla conversione dei contratti, sottoscritti su posto vacante, da 30 giugno a 31 agosto.
Il commento di Marcello Pacifico, presidente Anief, è inequivocabile: “Quella che il Governo ha approvato e messo nelle mani del Parlamento non è la scuola migliore: i primi ad essere danneggiati sono gli utenti, studenti e famiglie, che si ritroveranno ancora con un offerta formativa ridotta, e tantissimi docenti precari, che lo Stato si ostina a non stabilizzare malgrado ne abbiano pieno diritto. I primi ad essere interessati alla protesta sono i 140.000 supplenti che svolgono un ruolo prezioso nelle nostre scuola, ma che il Governo continua in larga parte a trattare, quando si tratta di realizzare i piani di immissioni in ruolo, come dei lavoratori invisibili.”
Questi lavoratori invisibili non ci stanno più ad essere trattati come insegnanti inesistenti. Complessivamente, sono più di 120mila i docenti precari che lavorano attualmente nelle nostre scuole, per lo più con un contratto al 30 giugno, spesso su un posto vacante: più della metà di essi, è chiamato dalle graduatorie d’istituto ma non può inserirsi nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento creata nel 2012, utile per le annunciate immissioni in ruolo del Governo. Molti si sono abilitati con Tfa e Sfp a numero chiuso, su una previsione di posti vacanti nel triennio o quinquennio successivo, con il Pas in virtù dell’esperienza maturata con 36 mesi di servizio, hanno il diploma magistrale abilitante o l’abilitazione conseguita all’estero. Questa la farraginosa situazione, frutto di anni di politiche dissennate. Eppure questi docenti sono rimasti fuori dal piano di assunzioni deciso dal Miur, peraltro ancora confuso sugli organici, in assenza di un serio censimento che individui i destinatari dei contratti a tempo determinato su posto vacante assegnati dal 1999.
Ma non solo. Tante altre sono le questioni sul tappeto per le quali si lotta domani. Marcello Pacifico ricorda che “nessuno dei 120mila precari oggi in servizio, nonostante una chiara giurisprudenza della Corte di Giustizia europea formata sulla direttiva comunitaria n. 70 del 1999 – se non per ordine di un giudice del lavoro -, ha mai ricevuto, per via di leggi e contratti nazionali firmati dai sindacati rappresentativi (l’ultimo scaduto nel 2009), gli scatti di anzianità previsti solo per il personale di ruolo dal 1999 al 2012. E ancora molti di essi devono rivolgersi ai tribunali per ottenere il pagamento delle ferie spettanti, bloccato dalla Legge di stabilità 2013. Per non parlare dei 150.000 precari che saranno assunti dal Governo senza il primo gradino stipendiale, eliminato nel 2011 con il benestare di una parte del sindacato rappresentativo, per realizzare quell’invarianza finanziaria prevista da una legge che ora finanzia il piano di assunzioni con un fondo di 1 miliardo”.
Resta un’ultima domanda: a quando la decisione che davvero spazzerebbe via il precariato in Italia ,ovvero quella di assumere 200mila supplenti? Se così non sarà arriverà una valanga di ricorsi, con la richiesta di risarcimento, già ottenuto più volte in tribunale, che va dai 30mila ai 50mila euro a docente con 10 anni di precariato. Tempi di fuoco in questa primavera incipiente. La lotta dei precari non si ferma.