Home I lettori ci scrivono Non voglio il posto sotto casa, ma voglio ciò che mi spetta

Non voglio il posto sotto casa, ma voglio ciò che mi spetta

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Non voglio il posto sotto casa, voglio ciò che mi spettava in base al mio punteggio e alla preferenza espressa.

In questi due anni ne ho sentite veramente di tuti i colori: i docenti sempre sotto l’occhio dei mass media (in negativo, ovviamente, perché fa più audience) e degli opinionisti di Facebook o di Twitter per aver usato il termine “deportati” (personalmente io preferisco ed utilizzo esiliati, in quanto lo siamo davvero territorialmente e professionalmente);
perché vogliono “il posto sotto casa” (ho sempre percorso più di 100 km giornalieri per raggiungere il mio posto di lavoro e rientrare in famiglia);
perché “mio figlio lavora all’estero” e quindi devono spostarsi anche loro;
perché hanno “tre mesi di ferie”;
e, ovviamente, la ciliegina “perché gli alunni sono al Nord”…

Insomma, nevica ad Agosto e la colpa è dei docenti, questa strana categoria che sia ama e si odia.
Ma di cosa si lamenteranno mai, se hanno un contratto a tempo indeterminato?
Provo a spiegarlo a chi confonde diritti e privilegi.

Secondo il Vocabolario Treccani, la graduatoria è un elenco che stabilisce l’ordine di successione, secondo il merito, il diritto, ecc., di varie persone che prendono parte a un concorso, a una competizione, o aspirano a un impiego, ecc., e l’ordine stesso della successione.

Maria insegna Inglese alle superiori in provincia di Potenza e ha 170 punti. Partecipa al piano assunzionale nazionale, barrando posto comune.
Viene assunta, a settembre 2015, a Biella sul sostegno delle scuole medie. A Novembre 2015, dopo soli due mesi, a Potenza, 18 persone con punteggio nettamente inferiore al suo (c’è addirittura chi ha solo 30 punti) ottengono il ruolo per l’insegnamento di Inglese alle superiori.
E così i docenti meglio posizionati nelle graduatorie sono stati penalizzati dal dover accettare una proposta di assunzione, il cui rigetto sarebbe equivalso ad essere espunti da ogni graduatoria (“ti ho fatto un’offerta a cui non potrai rinunciare” – direbbe Al Pacino), mentre i docenti collocati in graduatoria in posizione deteriore, con minor punteggio, hanno beneficiato dell’assunzione a tempo indeterminato nella classe di concorso prescelta e nella provincia di residenza.
Ne è derivata la mortificazione del criterio meritocratico, in base al quale, i docenti sono collocati in una medesima graduatoria.

Adesso non riusciamo a “tornare a casa” e neanche ad avvicinarci, perché coattamente assunti su posti non corrispondenti alle nostre abilitazioni principali, posti che a Sud esistono solo in deroga e a Nord già ampiamente resi stabili dai vari volti della politica che si sono succeduti al MIUR. Contrariamente a ciò che sancisce il comma 69 art. 1 della Legge 107/2015, le cattedre dell’organico di fatto da noi occupate nel 2015, verranno “trasformate” e assegnate a chi stava in fondo alla graduatoria.

Usati dal Governo come pedine, sacrificati dai Sindacati in nome della loro sopravvivenza, abbandonati dalla politica regionale, continuiamo a grattare sul fondo del vaso di Pandora e non ci arrendiamo, perché, prima o poi otterremo giustizia proprio come quella collega toscana che, assunta su educazione musicale, è riuscita a riottenere l’insegnamento di strumento, perché “il sistema di reclutamento adottato dal Miur non pare dunque conforme al criterio meritocratico […]”