Chi ha interesse a decifrare i dati a proprio piacimento? Neppure a senso unico, ma proprio usando in modo strumentale le proteste, talvolta spettacolari, di un numero abbastanza ridotto di persone (non sempre tutte legate al mondo della scuola) che vogliono da subito il rientro in classe, magari con una presenza al 100% degli alunni nonostante gli allarmanti dati epidemiologici di queste settimane e gli inviti alla massima prudenza della maggior parte dei virologi e degli infettivologi?
Per carità, ognuno è libero di pensarla come vuole su questo argomento, di protestare, di manifestare (purché lo si faccia senza assembramenti), ma l’informazione più che schierasi (o comunque non documentarsi trovando più semplice dare notizie di manifestazioni di dissenso talvolta estemporanee ma “pirotecniche”) dovrebbe attenersi ai fatti (come espresso in un documento inviato alla redazione di questa testata dal Movimento docenti licei e istituti superiori romani); e i fatti rivelano che un’altissima percentuale di cittadini (soprattutto di chi vive nel mondo della scuola, ragazzi compresi) vuole per ora continuare con la didattica a distanza, ovviamente solo per motivi di sicurezza (rari sono i casi di chi l’accetterebbe in periodi “normali”, infatti la Dad va utilizzata solo in caso di emergenza sanitaria).
Mi limito a ricordare qualche sondaggio sull’argomento in questione, a cominciare proprio da quello effettuato da questa testata, dal quale risulta che l’84,6% degli 11.047 partecipanti dice “no” alla riapertura delle scuole nell’attuale situazione epidemiologica. Quindi ben oltre 8 persone su 10 (e solo il 10,4% è favorevole in ogni caso, mentre il restante 5% sarebbe favorevole solo per le zone gialle e arancioni).
Ma chi ha risposto al sondaggio? Ben il 41,2% di risposte sono state date da studenti (altro che “i ragazzi vogliono rientrare a scuola”, leitmotiv della ministra Azzolina e non solo!), il 25% da genitori, poco più del 20% da docenti (ma per queste due voci c’è da considerare che quasi un altro 10% è sia insegnante che genitore) e infine una piccola fetta rappresentata da personale Ata o “altri”. Il sondaggio della Tecnica della Scuola chiedeva anche l’ordine e il grado di scuola dei partecipanti (oltre il 90% delle risposte ha riguardato la scuola di istruzione secondaria di II grado) e la collocazione geografica.
Un altro sondaggio importante è stato quello del portale Skuola.net che su un campione di 5mila studenti di scuole superiori ha rilevato che il 78% si è detto favorevole allo slittamento del ritorno in aula (“contrariamente a quanto si potrebbe pensare guardando la Tv o leggendo i giornali”, si legge nel sito di Skuola.net, a conferma di quanto ho scritto prima).
Nel sondaggio di Skuola.net emerge anche che il 46% del campione analizzato ha espresso stanchezza riguardo la Dad, soprattutto per i vari problemi che circondano questo tipo di soluzione (difficoltà di connessione, distrazioni varie, ecc.): è chiaro, come detto la Dad è solo una soluzione emergenziale, ma purtroppo l’emergenza sanitaria è tutt’altro che passata.
Ma forse ancora più interessante del dato del 78% dei favorevoli alla scelta di posticipare la riapertura delle scuole di istruzione secondaria di II grado è il fatto che circa 6 studenti su 10 non sono d’accordo con i coetanei che hanno protestato davanti alle scuole. Tra gli studenti intervistati, a partecipare a qualche forma di manifestazione è stato appena 1 su 10, scendendo in piazza (pochissimi) o evitando di connettersi alla prima giornata di lezioni online del 2021 (la maggior parte di questo 10%).
A conferma che attirano l’attenzione le manifestazioni “più rumorose” (o comunque facilmente identificabili da una informazione “pigra” nel cercare dati e conferme senza fermarsi a ciò che si vede perché avviene in un luogo pubblico o magari perché lo dice la Ministra).
Questo mondo di “oppositori” allo slittamento del ritorno fra i banchi è alquanto eterogeneo e a volte si leggono nomi un po’ “pittoreschi” di gruppi o associazioni. Poi ci sono gli studenti del liceo “Manzoni” di Milano che con l’occupazione (una cinquantina di ragazzi, che si dice rappresentassero l’intero istituto: ma è così?) hanno fatto notizia (con la preside che ha concesso, “dopo una trattativa” leggo, di restare in classe per la notte: allora, da ora in poi ci aspettiamo che, anche per altre proteste future contro politiche governative sulla scuola, diversi dirigenti scolastici concederanno un certo lasso di tempo per una “occupazione”).
Ma certamente gli studenti milanesi non la pensano tutti allo stesso modo, ma alcuni sono più “bravi” a far veicolare le proprie idee. Però c’è chi fa notare che in alcune manifestazioni si siano determinate situazioni di assembramento, non mantenendo spesso gli studenti la distanza tra di loro. Poi c’è chi magari non fa gruppo ma esprime ugualmente il suo pensiero, tenendo peraltro a precisare che non è “promotore della Dad”: “vorrei concentrarmi sulle attuali manifestazioni del corpo studentesco, che hanno come scopo un rientro frettoloso, che non è una soluzione di continuità per la comunità scolastica, senza sapere tra l’altro a cosa si vada incontro. La proposta di una didattica al 50% per noi studenti è poco fruttuosa: il docente non è un robot che può seguire gli alunni in due frangenti diversi”.
Ma condivisibile mi sembra anche la posizione della Rete degli studenti, il cui pensiero secondo me è stato banalizzato o in certi casi persino strumentalizzato, comunque non del tutto compreso, visto che secondo alcuni organi di informazione si è ridotto a una semplice richiesta di ritorno tra i banchi, mentre in realtà è quello di “costruire le condizioni di sicurezza necessarie a svolgere la didattica in presenza”. E muovono un atto di accusa: “Il coinvolgimento degli studenti è stato assente e le misure sono insufficienti”.
Aggiungendo: “vogliamo mettere in luce le mancanze di un sistema che vive continui tagli da vent’anni, vogliamo evidenziare che la scuola non è oggi prioritaria come dovrebbe, vogliamo esprimere dissenso per la gestione pessima di questo secondo rientro scolastico”. E specificando di volere una “scuola in presenza, sicura e vivibile, un sistema di trasporti funzionante con degli investimenti mirati che possano seriamente sopperire alle mancanze di tutti questi anni, vogliamo un sistema di tracciamenti efficace e che si investa per risolvere le pessime connessioni delle scuole”.
Rivendicazioni giustissime, che vanno messe in atto (già bisognava provvedere) magari aggiungo io attendendo che la situazione epidemiologica sia almeno un poco migliore, e che non sono un semplice ‘rientriamo a scuola a tutti i costi’ o magari “costi quel che costi”, come detto assai infelicemente dal coordinatore del Cts.
Poi c’è stato il caso mediatico della professoressa di Faenza che, contraria alla didattica a distanza, ha occupato la scuola (…questa ci mancava) e apprendiamo che organizza con altri colleghi lezioni in presenza all’aperto, sotto il voltone (quando piove) o nei cortili del suo liceo (ma con il consenso di chi, soprattutto dentro la scuola, se le disposizioni sono altre?) e che per gli “assenti” rimasti a casa le lezioni si tengono ovviamente anche in modalità Dad. Ne sentiremo ancora parlare, per altri momenti di “celebrità”? Pare di si, visto che ha affermato: “magari troverò una protesta ancora più significativa rispetto all’occupazione. Sono un’insonne e durante la notte mi vengono delle idee”.
A questo punto, chi la pensa diversamente ha capito che forse occorreva farsi sentire un po’ di più, che il “gioco mediatico” funziona così, ed ecco ad esempio la costituzione in data 8 gennaio di un nucleo promotore del Coordinamento Nazionale dei Gruppi Social (composti in maggior parte da genitori) a favore della didattica a distanza, il quale “si prefigge di dare vita ad uno stabile Coordinamento di tutti i soggetti, operanti sul territorio nazionale, convinti che la didattica a distanza sia l’unica modalità per garantire allo stesso tempo, nell’attuale allarmante quadro pandemico, la tutela della salute e la continuità dell’istruzione”, non lesinando tra l’altro critiche severe nei confronti della ministra Azzolina.
Infine, a proposito di sondaggi citiamo l’indagine Demopolis riguardante la Sicilia: 78% favorevoli all’ordinanza del governatore Musumeci. Per quanto riguarda in particolare la scuola il 71% delle persone coinvolte nel sondaggio sono d’accordo con la Dad per le scuole superiori (contrari il 23%) e il 60% dice “sì” anche alla didattica a distanza per le scuole primarie e per quelle di istruzione secondaria di I grado (contrari il 32%).
Ma forse non servirebbe neppure constatare i reali numeri di chi è prudentemente favorevole ad attendere una situazione sanitaria meno pericolosa e di quanti (“minoranza rumorosa”) vogliono un ritorno fra i banchi immediato, almeno stando a sondaggi che meritano attenzione e contano su un alto numero di partecipanti. Basterebbe ad esempio ascoltare e meditare sulle parole del virologo Pregliasco, il quale afferma che in “Lombardia, andando a vedere l’andamento epidemiologico, abbiamo purtroppo individuato nella fascia di età 14-18 anni l’inizio della seconda ondata, dunque gli anticipatori della successiva diffusione del virus alle altre fasce di età”.
Anche se poi Pregliasco aggiunge: “va valutata la situazione contingente così come le attività svolte dalle prefetture, che spero abbiano realizzato al meglio quanto previsto, predisponendo orari di entrata e uscita diversificati, l’aumento del numero di autobus e frequenza delle corse”. Come se di fronte ad un rischio acclarato come quello paventato non soltanto dal virologo si debba comunque per forza ritornare con impellenza in aula (invece di attendere qualche settimana e poi verificare), quasi fosse scritto nel ‘libro del destino’!
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