Durante la mia carriera di insegnante sono stato segnato da esperienze negative ed amare, da cocenti delusioni di lavoro e di vita. Eppure, nonostante ciò, sono rimasto un ingenuo ed incorreggibile idealista. Il mio ideale di scuola è un luogo utopico, un sogno irrealizzabile nell’attuale assetto economico di stampo capitalistico. Un luogo di confronto e di scambio pluralistico ed orizzontale, senza voti e note disciplinari, senza la muffa burocratica e le gerarchie istituzionali, senza presidi-sceriffi, né gendarmi.
Un contesto in cui discenti e docenti possano agire insieme, in un clima di autonomia e di creatività spirituale, in un rapporto dialettico incentrato sulla libertà di pensiero critico. Dunque, è una scuola distante ed antitetica all’emulazione goffa e maldestra di quei modelli aziendali, oramai anacronistici e decotti. È un ambiente di crescita e di formazione integrale dell’essere umano, in cui siano valorizzati i talenti e le potenzialità di ogni soggetto. Una comunità autentica, che promuova la partecipazione di tutti a forme di autogestione collettiva e diretta.
Ogni “comunità scolastica” (si noti che non adopero il termine “istituzione”, un lessico “burocratese” e borghese) esprime in sé le proprie peculiarità e le proprie caratteristiche in quanto comunità sociale ed educativa, per cui ha bisogno di valorizzarsi nella propria identità più singolare ed originale.
A tale scopo occorre che alla guida di ogni scuola non siano preposti degli ottusi burocrati, sovente ignoranti ed arroganti in virtù di un misero potere perlopiù coercitivo ed inquisitorio calato ed imposto dall’alto, bensì figure che siano elette democraticamente dal basso, ovvero partorite direttamente dal corpo vivo della comunità di base.
Penso a figure di presidi elettivi, designati dalla base ed in carica a rotazione, con scadenza temporale. Insomma, è una scuola di autentica democrazia diretta e partecipativa.
È una scuola che riconosca la dignità professionale ed umana dei docenti e la libertà di insegnamento, in quanto prerogativa peculiare ed essenziale. Dignità mortificata da fin troppo tempo, a causa di una sequenza rivoltante di “riforme” (temo sia più appropriato apostrofarle come “schiforme”), ossia provvedimenti liberticidi e regressivi varati da una lunga scia di governi, sia di centro-destra, sia di centro-sinistra, che si sono avvicendati in Italia negli ultimi trent’anni ed oltre, senza soluzione di continuità temporale.
Lucio Garofalo
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