Tutto è bene quel che finisce bene, anche se questa vicenda ancora non può dirsi del tutto conclusa. Si tratta del caso di una ragazza 19enne di origini indiane di Modena che ha denunciato i genitori violenti che la volevano costringere sposarsi .
La faccenda ha fatto molto scalpore, sia per il coraggio della giovane, che è riuscita a ribellarsi ai suoi familiari, sia per il fatto che, per una notte, la ragazza è stata ospitata dalla dirigente scolastica a capo della sua scuola, prima di essere collocata ufficialmente in una sede protetta.
Come riporta Il Corriere della Sera, la 19enne sta meglio: “Sto bene, mi sento protetta”, ha detto tramite la sua legale. “L’ho sentita e le è cambiata un po’ la voce, poverina, però l’ho trovata serena e questo è importante”, ha aggiunto l’avvocata.
La dirigente scolastica che l’ha aiutata è stata la prima che, lo scorso 13 aprile, ha segnalato la situazione alla procura di Bologna. “Vivo un turbine di emozioni così grandi. Io lei la porto nel cuore ma i miei non la conoscevano e mi sono sentita sostenuta. Penso che forse il vero merito è chi questo sì lo ha detto da fuori”, ha detto, ringraziando la sua famiglia che l’ha accolta in casa.
Secondo la preside niente di tutto ciò sarebbe stato possibile senza una vera e propria catena umana di solidarietà che si è messa in moto: “Se questo caso è stato affrontato in questo modo è anche per la capacità di tutta la scuola di fare rete. Io ho dato la disponibilità di questa accoglienza, non c’era altro di più opportuno da fare in quel momento. Se tutto questo è stato possibile è perché c’è una rete nella scuola che ha fatto sì che le cose potessero andare avanti e che ci fosse la giusta dedizione a tutti gli altri ragazzi. La ragazza si è fidata della scuola non solo per merito mio, ma perché c’è questa rete”.
La dirigente ha anche rilasciato un’intervista a La Repubblica, dove ha ribadito questi concetti: “Capisco chi ha voluto definirmi così sull’onda di un’emozione molto forte, ma non sono assolutamente un’eroina. Se ho fatto quello che ho fatto è anche grazie a chi è venuto prima di me per aiutare la ragazza. Senza l’intervento di tante persone, tutte fondamentali, tutto questo non sarebbe stato possibile. Dove trovi rete trovi anche risposte. Dove trovi il singolo, trovi un limite”.
Ed ecco una lode ai docenti: “È una ragazza coraggiosa, una ragazza determinata, nonostante tutte le sue paure. E io per lei provo una grande tenerezza, da mamma. La fiducia è arrivata a me per tramite di un’altra persona, cioè dell’insegnante con cui per prima si è aperta. Poi l’abbiamo portata avanti e costruita insieme. Ma la fiducia è una catena di trasmissione. Ci tengo a ribadirlo: se non lavorassimo in squadra, se non ci fossero insegnanti che sentono l’importanza di stare vicino ai ragazzi (che possono avere situazioni di disagio profondo e di diversa natura), questo tipo di fiducia non potrebbe mai nascere. Il merito è anche dei tutor”.
“Credo che oggi nostro compito sia guardare avanti e impegnarci affinché certe cose non si ripetano più. E poi dobbiamo capire che cosa ognuno di noi, all’interno di una rete, può fare perché queste risposte vengano date. Credo che serva un cambio di paradigma nel modo in cui il sistema scolastico affronta il disagio giovanile”, ha concluso.
La legale, che ha parlato di “scuola con la ‘s’ maiuscola”, è dello stesso parere. “Non è così scontato trovare delle persone a scuola così disponibili. In mezzo a questo mare di violenze posso dire di aver incontrato delle persone che sono rimaste insieme a me e alla ragazza andando anche oltre i propri doveri istituzionali. Ci aspettiamo una reazione da parte dello Stato oltre che sulla protezione della ragazza anche sulla punizione dei colpevoli”, ha detto. Effettivamente, mentre la ragazza può al momento tirare un sospiro di sollievo, si dovrebbe passare adesso a rintracciare i colpevoli e punirli.
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