In Italia non se ne parla più da venti giorni, almeno per i riflessi che potrà avere in ambito scolastico, ma la cosiddetta nuova influenza, di origine suina, ed il conseguente rischio di epidemia risultano ad oggi rischi tutt’altro che superati. Tanto che la vicina Francia sta valutando seriamente l’eventuale mancata riapertura delle scuole in settembre: nelle ultime settimane sono stati registrati casi di influenza in vari centri vacanza per l’infanzia o in strutture di insegnamento linguistico per studenti stranieri. In quasi tutti i casi è stato disposto l’isolamento dei contagiati per alcuni giorni, fino alla conclusione della fase acuta dei sintomi e della virulenza della malattia.
Così in caso di maggiore diffusione dell’influenza A/H1N1, il ministero dell’Istruzione transalpino ha già predisposto un sistema di lezioni a distanza per gli studenti costretti a restare a casa. Un picco d’epidemia può durare anche dodici settimane, ma realisticamente, allo stato attuale, il virus non è molto pericoloso e potrebbe bastare una chiusura di una settimana degli istituti toccati, come si è fatto in giugno.
In tal caso si attiverebbe il piano “continuità pedagogica”: il centro nazionale d’Educazione a distanza nel corso dell’estate ha preparato questi programmi che in caso di necessità saranno trasmessi su France 5, Radio France e internet. A rivelarlo è stato direttamente il ministro dell’istruzione francese, Luc Chatel, secondo cui la situazione “non si deve minimizzare né drammatizzare”.
Anche i numeri aggiornati al 10 agosto ci indicano di tenere alta la guardia: l’Organizzazione mondiale della Sanità ha infatti contato 180.000 contagi nel mondo e ben 1.462 morti. Certo in Europa le cose vanno un po’ meglio che negli altri continenti: i contagi sono oltre 26.000 e i morti più di 40. Gli esperti però dicono che in autunno, con la riapertura delle scuole, il virus potrebbe contagiare un numero considerevole di persone. I più pessimisti, o realisti, parlano di almeno un cittadino su quattro.
Ma c’è anche chi minimizza: sempre per rimanere sopra le alpi, il celebre urologo Bernard Debré ha definito il virus H1N1″una influenzetta” e dichiarato che è meno rischiosa dell’influenza stagionale e che i poteri pubblici la usano a fini esclusivamente politici.
Rimane un dato di fatto che la chiusura delle scuole è una misura oggettivamente utile a rallentare la diffusione dei virus. Tanto che in Francia sono state istituite ormai da anni le vacanze di febbraio: due settimane di pausa dall’attività scolastica che fungono da barriera alla diffusione dei malanni invernali. E siccome ogni anno si ravvisa una calo dei casi di influenza stagionale una ragione ci sarà pure.
Le scuole hanno già ricevuto una circolare ministeriale e disposizioni più precise dovrebbero essere emesse il 18 agosto nel corso di un comitato interministeriale di crisi (che fa capo ai settori Istruzione e Sanità). L’incertezza è tanta. Perché se è vero che le famiglie transalpine temono il contagio è altrettanto vero che la chiusura degli istituti metterebbe in crisi la maggior parte, soprattutto quelle che non hanno alternative per l’affidamento dei bambini più piccoli.
Anche i numeri aggiornati al 10 agosto ci indicano di tenere alta la guardia: l’Organizzazione mondiale della Sanità ha infatti contato 180.000 contagi nel mondo e ben 1.462 morti. Certo in Europa le cose vanno un po’ meglio che negli altri continenti: i contagi sono oltre 26.000 e i morti più di 40. Gli esperti però dicono che in autunno, con la riapertura delle scuole, il virus potrebbe contagiare un numero considerevole di persone. I più pessimisti, o realisti, parlano di almeno un cittadino su quattro.
Ma c’è anche chi minimizza: sempre per rimanere sopra le alpi, il celebre urologo Bernard Debré ha definito il virus H1N1″una influenzetta” e dichiarato che è meno rischiosa dell’influenza stagionale e che i poteri pubblici la usano a fini esclusivamente politici.
Rimane un dato di fatto che la chiusura delle scuole è una misura oggettivamente utile a rallentare la diffusione dei virus. Tanto che in Francia sono state istituite ormai da anni le vacanze di febbraio: due settimane di pausa dall’attività scolastica che fungono da barriera alla diffusione dei malanni invernali. E siccome ogni anno si ravvisa una calo dei casi di influenza stagionale una ragione ci sarà pure.
Le scuole hanno già ricevuto una circolare ministeriale e disposizioni più precise dovrebbero essere emesse il 18 agosto nel corso di un comitato interministeriale di crisi (che fa capo ai settori Istruzione e Sanità). L’incertezza è tanta. Perché se è vero che le famiglie transalpine temono il contagio è altrettanto vero che la chiusura degli istituti metterebbe in crisi la maggior parte, soprattutto quelle che non hanno alternative per l’affidamento dei bambini più piccoli.