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Nuove classi di concorso: il parere di Bruschi

Nuove classi di concorso. Qual è la ratio sottesa alla loro elaborazione? Qual è, vien da chiedersi, l’obiettivo precipuo del Miur nella rinnovata configurazione? Tra i dichiarati propositi e i dati di fatto emerge qualche incongruenza. Max Bruschi commenta le nuove tabelle, ravvisando qua e là qualche crepa.
Innanzitutto, scrive l’ispettore ed ex consigliere della Gelmini, “il testo del regolamento non è coordinato con la Legge 107/2015, come invece sarebbe doveroso: e il motivo è che è stato predisposto prima, e l’iter dei “concerti” con MEF e PA ha sballato i tempi. Non si tratta solo di ritoccare le premesse, ma di rivederne l’impianto, alla luce dell’organico dell’autonomia. Perché o le classi di concorso sono funzionali agli ordinamenti scolastici e alla gestione del personale vigenti, o sono null’altro che un frutto di una cucina burocratica che nulla ha a che fare con la scuola. Lo stesso problema hanno, ovviamente, le tabelle allegate le quali, solo per fare un esempio, contengono ancora le classi di concorso delle scuole di Bolzano, che sulla base di una legge provinciale sono oggi di competenza della Provincia Autonoma.”
Come poi sono stati concepiti i titoli di accesso? Certamente con criteri molto “inclusivi” e ad ampio spettro, senza grande rispetto della competenza nel settore: “Quanto alla declaratoria delle tabelle, ad eccezione di pochissimi casi (tra i quali Italiano L2), sembra che i redattori abbiano concepito ogni titolo di accesso come una raccolta di crediti formativi, a prescindere dal percorso di laurea magistrale o di diploma accademico. E ci si è scordati, ad esempio, che la 77/A ha propri percorsi specialistici, da anni a ordinamento e con risultati brillanti, spalancando un accesso indiscriminato a discapito di chi ha fatto un percorso durissimo e selettivo, e si è palesemente confuso il diploma accademico di II livello con quello di I livello, creando una palese disparità tra i due “corni” dell’istruzione terziaria.”
Con buona pace dei fondamenti epistemologici delle varie discipline, che diventano patrimonio comune a molti: “Chi ha elaborato la tabella, scientemente disconosce un fatto che, come ispettore e anche come docente universitario, ritengo doveroso rilevare. Una laurea magistrale o un diploma accademico di II livello danno anche e soprattutto dei fondamenti epistemologici, che sono essenziali per insegnare una disciplina. Sono la ragion d’essere di un percorso di istruzione terziaria. Molti dei titoli di studio correlati alle classi di concorso, questi fondamenti NON LI DANNO, mentre i crediti aggiuntivi necessari sono acquisibili, come ognuno sa, con esami singoli profumatamente pagati. Insomma, si è continuato ad allargare la strada, anziché restringerla. Eppure, sembrava che nell’indirizzo politico ci fosse l’idea, addirittura, di arrivare a lauree specialistiche per l’insegnamento. Qui siamo all’opposto. Salvo mantenere alcune restrizioni illogiche già abbattute dalla magistratura amministrativa.”
E’ evidente la discrasia tra lo sbandierato indirizzo politico, fare dell’insegnamento e delle competenze dei docenti una cosa seria, e l’attuazione pratica: “Questo rilievo è ancora più decisivo dell’attribuzione degli insegnamenti, in alcuni casi stravagante, ma nella quale per ora non entro (e non so se mai lo farò), o della sopravvivenza di classi di concorso che andavano messe ad esaurimento, in una tabella a parte, e fatte confluire concorsualmente in altre classi, al fine di tutelare la spendibilità del titolo per i già abilitati. Insomma, al momento, si tratta di una occasione persa. Il guaio è tanto più grosso, in quanto dubito che i pareri delle commissioni delle Camere possano entrare nel merito di scelte che richiedono un grado altissimo di tecnicalità e competenza specifica, e dove più che altro (lo so per esperienza) si tende ad allargare per non scontentare. L’unico argine, è dato dal fatto che la legge 107/2015 ha chiuso le graduatorie di III fascia e che le prove selettive del TFA, come già è successo, faranno (almeno, si spera), comunque, venire al pettine i nodi che ho cercato di evidenziare.”
Le nuove classi di concorso sono un’occasione persa. E qualcuno commenta: “Mi trova assolutamente d’accordo. Io ho una laurea magistrale LM-94 (traduzione) e scopro che può insegnare lingua e letteratura straniera anche un laureato in archeologia o scienze delle religioni, con il requisito dei crediti. A questo punto togliamo il requisito della classe di laurea e manteniamo solo i crediti!”
Lingua straniera, archeologia e religione: ma d’altronde lo scibile umano è tutto collegato…

Silvana La Porta

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