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Nuove Indicazioni 2025: un modello di scuola inaccettabile, secondo i COBAS

Dalla Premessa culturale alle “Nuove Indicazioni 2025 per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione” si comprende il modello di scuola che vorrebbe Valditara. Rispecchiano le Linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica del 2024, lo “sviluppo dei talenti”, il concetto di persona e la centralità data nella Storia a Italia, Europa e Occidente. Il ricorso alla “personalizzazione” riecheggia invece le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzato (2004) dell’allora ministra Moratti. Nelle Nuove Indicazioni, lo sviluppo dei talenti rappresenta un’ottica didattica finalizzata alla “realizzazione personale“, e fa ricordare la teoria delle “attitudini” della “Carta della Scuola” approvata dal Gran Consiglio del Fascismo (1939), mirante a selezionare i migliori: teoria stigmatizzata circa 30 anni dopo da Don Milani (Lettera a una professoressa) come classista e foriera di disuguaglianze.

Poi, le radici storico-culturali occidentali del termine ‘persona’ trasmettono un’idea riduttiva dell’identità umana che ignora le concezioni sviluppatesi in altre tradizioni culturali e filosofiche. L’attenzione alla persona è orientata all’aspetto individuale piuttosto che alla dimensione collettiva, interpretandola come “una realtà che si costituisce attraverso la possibilità di dire ‘io” dove “ogni identità si oppone necessariamente ad una alteritàe il privilegio della nostra civiltà è nel confronto”. Insomma, un’identità che si scontra con l’altro, definita attraverso la negazione o la competizione con chi è diverso/a, e non attraverso il riconoscimento reciproco, la ricerca dei punti di contatto, riducendo la relazione con l’altro ad una necessità strumentale per la definizione del sé.

Per le Nuove Indicazioni, il dialogo con l’altro è una prerogativa dell’Occidente, minimizzando le relazioni con altre culture, negando cooperazione, inclusione e interdipendenza. Il rispetto verso l’altro/a avverrebbe attraverso un “lungo allenamento all’autogoverno”, riducendolo a “competenze” da allenare o a adesioni formali a regole, e non alla capacità di riconoscere l’altro come portatore di dignità, riducendo l’educazione a un controllo disciplinare contro “la hybris e la tracotanza, spesso diffuse in bambini e adolescenti di famiglie con gravi povertà educative e dinamiche affettive iper/ipoprotettive che li rendono ‘piccoli tiranni’ o fragili prede di dinamismi bullistici”, stigmatizzando le famiglie e categorizzando i bambini/e in “tiranni” o “prede”.

Stupisce, poi, leggere che il “rispetto è oggi l’obiettivo di un’educazione alle differenze di genere rafforzata con le nuove Linee guida dell’educazione civica”, non solo perché nelle Linee guida non c’è traccia di educazione di genere, ma anche perchè le Nuove Indicazioni vorrebbero contrastare la violenza di genere con un’educazione definita “del cuore” (?), in cui basterebbe “l’amore” per decostruire gli stereotipi, con un ritorno alla letteratura moraleggiante di De Amicis e alla pedagogia ottocentesca.

In merito alla libertà, presentata come “il valore più importante dell’Occidente sin dalla sua nascita fra Atene, Roma e Gerusalemme”, si cancella quanto la storia occidentale abbia attraversato secoli di monarchie assolute, teocrazie e sistemi oligarchici. La democrazia ateniese, citata come culla della libertà politica, era profondamente escludente; Roma si fondava su una rigida gerarchia sociale e sull’oppressione di popoli conquistati; la tradizione giudaico-cristiana ha spesso prodotto strutture autoritarie e dogmatiche. Al di fuori dell’Occidente, la libertà non è assente, bisogna però riconoscerne la pluralità di interpretazioni, legate più alla responsabilità verso la comunità che all’autonomia individuale. Nelle Nuove Indicazioni, si considera la comprensione del principio di autorità una conquista dell’uomo libero: ma se un’asserzione è valida solo perché proviene da un’autorità riconosciuta, come si  sviluppa il pensiero critico? In ambito scientifico, un’affermazione deve essere verificabile indipendentemente da chi la enuncia.

Tra le sfide sociali del nostro tempo, il testo elenca le migrazioni, l’urbanizzazione e i conflitti in Europa. Ma le migrazioni non sono solo una “sfida sociale“, ma per la scuola soprattutto una sfida educativa. L’11%, a livello nazionale, di alunne/i con background migratorio pone alla scuola necessità specifiche, da affrontare con laboratori, tutoraggio tra studenti, mediatori culturali e un maggiore coinvolgimento dei genitori. Si riconosce l’importanza dei conflitti, ma solo quelli interni all’Europa, trascurando il resto del mondo e le più generali dinamiche geopolitiche e sociali, fondamentali per una cultura di pace e dialogo.

Le Nuove Indicazioni sottolineano il valore profondamente umanistico, e di supporto all’apprendimento disciplinare, della scrittura, l’importanza del corsivo e della calligrafia per migliorare la coordinazione oculo-manuale, limitare l’uso degli schermi e preservare l’esperienza concreta, essenziale per lo sviluppo del pensiero e del ragionamento. Però, sottolineando l’enfasi su corsivo e calligrafia, non ci sono pareri univoci sul fatto che la scrittura in corsivo migliori fluidità e sviluppo cognitivo, fermo restando che, secondo la maggior parte degli studi, è la scrittura a mano, in corsivo o in stampatello, ad offrire maggiori benefici cognitivi e motori rispetto alla digitazione: e perciò le insegnanti lasciano che venga utilizzata la grafia più adatta alle esigenze degli alunni/e. Il ritorno alla calligrafia (bella scrittura), di gentiliana memoria, rischia di penalizzare chi ha difficoltà nella motricità fine o una grafia meno curata, portandolo persino ad un rifiuto verso la scrittura e lo studio. L’abilità grafica è solo uno dei tanti modi in cui l’intelligenza e la creatività possono manifestarsi.

Bruna Sferra Esecutivo di Roma e Provincia dei COBAS Scuola

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