Il ministro dell'Istruzione Marco Bussetti
Addio abilitazioni e specializzazioni pagamento, basta anche con i corsi Fit: arriva il concorso “secco”, chi vince si abilita, fa un anno di prova nella regione scelta e prende il ruolo con la clausola che per almeno altri quattro anni non si potrà muovere. L’indirizzo dei nuovi istituti superiori è delineato: lo ha ricordato, con estrema chiarezza, anche il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, nel corso di un convegno nazionale organizzato dallo Snals di cui abbiamo già dato notizia.
“Aboliamo i percorsi post-universitari di specializzazione e abilitazione a pagamento: sarà un concorso secco, cui anche i ragazzi neolaureati potranno partecipare”, ha detto il titolare del Miur.
“Abbiamo bisogno di giovani insegnanti, con nuova energia da immettere nel sistema scolastico e capaci di parlare alle nuove generazioni. Chi vince entra immediatamente in ruolo, chi non passa rimane abilitato e potrà riaccedere ai concorsi successivi.”
“Sarà cancellato il FIT, il corso formativo di Formazione iniziale e tirocinio, previsto dalla Legge 107 del 2015. Dopo aver vinto il concorso ci sarà un anno di prova e formazione: snelliamo l’iter e lo velocizziamo”.
“Si potrà accedere al concorso – ha proseguito il ministro – se nel portfolio universitario sono presenti 24 crediti formativi per esami di Didattica e Pedagogia. La formazione si farà durante gli anni di studio, non dopo: dobbiamo abbattere il muro che separa la fine dell’iter universitario e l’entrata nel mondo dell’insegnamento. Il nuovo concorso sarà quindi automaticamente abilitante per la professione. Dovrà essere bandito in base ai posti vacanti e disponibili”.
“I concorsi restano nazionali, ma si potrà scegliere la regione in cui concorrere: chi vince avrà la garanzia del posto nella regione scelta. Si prevede un vincolo di permanenza di cinque anni sul posto per la continuità didattica a tutela dell’interesse dell’alunno. Solo così si potrà ridare dignità al ruolo del docente”.
“Auspico – ha concluso Bussetti – che tra tutti gli attori istituzionali e non vi sia un proficuo dialogo e una stretta collaborazione per agire nel bene della scuola, ovvero del futuro dell’Italia”.
Il responsabile del Miur si è anche soffermato sulla politica adottata sinora. “Fin dal mio insediamento come Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca -ha detto – ho ribadito come la scuola italiana non necessiti in questo momento di ulteriori riforme strutturali calate dall’alto. Il livello della nostra Istituzione scolastica è altissimo, tra i migliori al mondo”.
“È opportuno lavorare, ed è quello che stiamo facendo, per rendere efficiente il sistema, in cui si sono innestate e sovrapposte negli ultimi anni varie riforme. Alcune non hanno trovato ancora piena applicazione, altre vanno corrette”.
“Abbiamo già fatto tanto (riferendosi proprio al cambio del reclutamento, all’alternanza, alla fine della chiamata diretta), e tanto ancora faremo per rendere eccellente la nostra scuola e valorizzare il nostro patrimonio educativo. Bisogna saper ascoltare le esigenze e i bisogni, e su questa base ragionare collettivamente sulle direzioni da intraprendere e sui cambiamenti da effettuare. La politica deve progettare analizzando i problemi concreti e valutare i feedback delle azioni che vengono realizzate. Le riforme calate dall’alto – ha concluso- non producono effetti, mentre sapere come funziona un sistema aiuta a cambiarlo con interventi misurati e puntuali”.
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