Cambiare il Fit, il nuovo percorso selettivo-formativo che porta al reclutamento introdotto con la Buona Scuola, introdurre l’organico potenziato anche nella scuola dell’infanzia e pure il tempo pieno nelle scuole del primo ciclo del Sud: sono i tre obiettivi su cui il governo M5S-Lega sta lavorando da alcune settimane e che a breve, probabilmente già in autunno, vedrà la luce con delle proposte di legge.
La Tecnica della Scuola è in grado di dire con certezza ai suoi lettori che gli esperti di scuola in seno alla maggioranza hanno trovato l’intesa su questi progetti. E che si stanno impegnando per trasformarli in disegni di legge, da portare nelle commissioni parlamentari di competenza (Cultura, Economia e Lavoro, in particolare).
Il primo, quello del nuovo reclutamento e la revisione del periodo di formazione obbligatoria, sino a tre anni, introdotta con la Legge 107/15, non è una novità assoluta: qualche settimana fa, infatti, la senatrice Simona Malpezzi, componente dell’ufficio di presidenza del gruppo Pd ha presentato in VII Commissione Palazzo Madama un Atto ufficiale, il n. 3-00058, nel quale chiedeva al ministro dell’Istruzione come avrebbe voluto “riformare il sistema attraverso il bando di concorsi per docenti su base regionale a partire dal 2019”.
Il ministro Marco Bussetti non ha mai replicato alle domande della Malpezzi.
Ora, la nostra testata giornalistica può dire che le osservazioni della senatrice dem erano pertinenti: l’intenzione della maggioranza giallo-verde – che non a caso ha congelato i previsti concorsi per i non abilitati con 36 mesi di servizio e i neo-laureati – è infatti quella di creare un Fit con delle procedure aggiornate, al fine di superare i limiti mostrati dall’assetto introdotto con la L. 107/15.
Una delle novità che si vogliono introdurre è che i docenti che vi prenderanno parte sapranno in partenza che la partecipazione a questi corsi di formazione, e il ruolo successivo, non comporteranno la possibilità di chiedere trasferimento per diversi anni (si sta valutando se alzare l’attuale soglia di tre fino a cinque annualità scolastiche).
Parallelamente, l’intenzione del governo è anche quella di avviare anche dei corsi abilitanti – tipo Pas – , finalizzati a dare la possibilità di svolgere l’esercizio della professione, con il possesso del titolo abilitante all’insegnamento, anche in istituti parificati.
Ma sono anche altre due le “pratiche” su cui stanno lavorando M5S e Lega: la prima è quella dell’organico di potenziamento anche nella scuola dell’Infanzia statale. Sappiamo che il Partito Democratico non è mai riuscito a completare il progetto di revisione della formazione tra 0 e 6 anni, con i maestri di settore rimasti così al palo, peraltro dopo essersi visti esclusi sia dal piano di reclutamento straordinario della Buona Scuola, sia dal piano di potenziamento degli istituti.
La fine anticipata del governo Renzi ha reso impossibile riparare alla doppia mancanza. E con l’esecutivo Gentiloni non si è riusciti ad andare oltre la miseria di 800 immissioni in ruolo aggiuntive: davvero poco per la categoria di precari più presente nelle liste di attesa della scuola pubblica, sia nelle GaE sia nelle graduatorie di merito.
I partiti dell’attuale Governo vogliono ora però tendergli la mano: l’intenzione c’è. Per sapere quando e come, però, bisognerà attendere il Mef: da via XX Settembre, infatti, dovranno comunicare quante risorse impegnare sul progetto.
E risorse impegnative, anche maggiori, serviranno anche per il terzo progetto M5S-Lega, che è anche quello più importante: l’attuazione del tempo pieno al Sud, dove ad oggi nella scuola d’infanzia e primaria prevale in modo mostruoso l’attività scolastica limitata all’ora di pranzo.
Attuare questo programma, allineando il Meridione e le isole maggiori al resto d’Italia, rappresenterebbe l’uovo di Colombo: perché si verrebbero a creare posti di docenti, ma anche di Ata, da assorbire nei ruoli, svuotando così finalmente quelle graduatorie stracolme ancora di candidati di cui sopra.
Ma il tempo pieno al Sud implicherebbe almeno un altro grande vantaggio: quello di permettere alle donne da Roma in giù di affrancarsi per un numero di ore maggiori dalla cura dei figli, fino a 11 anni. In modo, così, da detenere ben maggiori possibilità di impiego lavorativo.
Tutto torna, quindi. Dopo l’estate, quando cominceranno a circolare le prime stime sui margini finanziari legati alla legge di Bilancio, sapremo qualcosa di più di questo progetto con cui andare a cambiare ancora una volta la fisionomia delle nostre scuole.
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