La sperimentazione in arrivo per i nuovi istituti professionali potrebbe portare in quei corsi di studio superiore dei docenti con contratti di collaborazione, non assunti quindi come dipendenti: ad avere tale inquadramento sarebbero gli esperti del mondo del lavoro. E un ruolo importante nel percorso formativo lo avrebbe anche l’Invalsi, che dovrebbe valutare se gli studenti possano concludere o meno il ciclo formativo al termine del quarto anno delle superiori (per accedere agli Its) e non più del quinto. A denunciarlo è stato il segretario generale Uil Scuola Rua Giuseppe D’Aprile, al termine dell’incontro del 9 giugno tenuto al ministero dell’Istruzione con i sindacati, durante il quale è emersa la volontà dell’amministrazione di procedere con la riforma dell’istruzione professionale.
Non saranno indicate nemmeno le ore di formazione
Secondo il sindacalista, la progettazione “che sulla carta sembra garantire l’esistente”, in realtà porterà “l’introduzione nel sistema di istruzione secondaria di secondo grado di nuove figure di docenti, già presenti negli Its, non contrattualizzate e senza indicarne il monte ore e la percentuale di presenza rispetto ai docenti curricolari”.
Secondo quanto riferisce D’Aprile, non saranno insegnanti tradizionali, ma “docenti provenienti dal mondo del lavoro” ai quali sarà “richiesta solo una specifica ‘esperienza professionale’ di tre anni, maturata nei settori produttivi di riferimento”.
Il leader della Uil Scuola Rua sostiene, inoltre, che tuttavia “su questo punto, c’è poca chiarezza”.
L’Istituto nazionale di valutazione avrà un ruolo attivo
Il sindacalista ha anche bocciato la possibilità per gli studenti “alla fine del quarto anno degli IeFp”, di passare “direttamente agli ITS Academy”, se gli allievi “avranno raggiunto gli obiettivi specifici di apprendimento del quinto anno. A certificare ciò – dice ancora D’Aprile – sarà niente meno che l’Invalsi, su cui abbiamo espresso più volte la nostra contrarietà”.
Il segretario generale Uil Scuola non ha dubbi: quella ci si vuole imporre negli istituti professionali “è una sperimentazione che lascia perplessi: sembrerebbe finalizzata ad un tentativo di rilancio della formazione professionale, notoriamente in crisi negli ultimi anni, certamente utile, ma che andrebbe rivista nel suo insieme”.