Politica scolastica

Nuovo anno scolastico 2018/19, si parte con 100mila posti vacanti e tre concorsi da fare

Con i collegi dei docenti convocati tra il 1° settembre (pochi) e il 3 settembre (la grande maggioranza), prende il via l’anno scolastico 2018/2019: che anno sarà? A chiederselo sono in tanti. Perché sono diversi i punti dolenti che nuovo ministro dell’Istruzione, supportato dal Governo “gialloverde”, è chiamato ad affrontare.

Assunzioni: saltata una su tre?

A partire dalle assunzioni del personale docente. Perché delle oltre 57mila programmate, comprensive di 13mila riservate al sostegno, sembra che se ne sia persa per strada quasi una su tre: si parla di 20mila cattedre non assegnate per mancanza di candidati. Non è un dato certo, ma se confermato consisterebbe in una vera beffa. Perché gli abilitati all’insegnamento ci sono, ma le attuali normi sul reclutamento non gli permettono di accedere alle immissioni in ruolo, così rimangono relegati in seconda fascia d’istituto.

Considerano che anche quest’anno si andranno a realizzare tra le 80mila e le 100mila supplenze annuali (quasi tutte con scadenza 30 giugno 2019), viene da sé che la quantità di contratti a tempo determinato di durata annuale supereranno le 100mila unità.

Ata e Dsga, i conti non tornano

Poi, ci sono gli Ata. Altro capitolo amaro. Perché le 9mila assunzioni in ruolo portate a termine, a fronte di circa 17mila posti vacanti, non si comprendono. Come non si comprende per quale motivo non sia stato ancora bandito il concorso per Dsga, visto che con i pensionamenti si è arrivati a 2.178 posti scoperti. Che anche quest’anno sono destinati a reggenza, con l’aggravante che il numero di assistenti amministrativi in grado di salire di ruolo per un anno, con titoli adeguati, comincia a scarseggiare. Considerando il ruolo centrale che il Direttore dei servizi generali e amministrativi ha nella scuola dell’autonomia, c’è poco da stare sereni.

Mancano anche 1.700 presidi

Non va meglio sul fronte delle dirigenze scolastiche. Perché ci sono oltre 1.700 scuole senza preside: in pratica, un istituto ogni quattro andrà in reggenza. Quindi, uno su due avrà il capo d’istituto costretto a dividersi su più fronti.

In questo, il concorso pubblico, per reclutare oltre 2.300 nuovi dirigenti scolastici, è partito: la prova preselettiva si è svolta lo scorso 23 luglio. E in autunno è prevista la prima prova, lo scritto, che vedrà protagonisti i circa 8.700 docenti ammessi.

Concorsi: tre in arrivo

Sempre sul fronte concorsi, c’è da dire che solo una delle tre selezioni previste dalla Buona Scuola è stata tradotta in un bando effettivo: quella degli abilitati all’insegnamento, di cui però solo una minima parte ha potuto ottenere il ruolo. Si tratta di quei pochi che hanno svolto il colloquio (una simulazione di lazione) e le cui commissioni hanno pure pubblicato le graduatorie regionali entro il 31 agosto. Per gli altri due concorsi – non abilitati con almeno 36 mesi di servizio svolto e ordinario aperto a tutti se in possesso del titolo di studio – bisognerà attendere le nuove disposizioni (se va bene potrebbero uscire entro fine 2018): in particolare, quelle previste dalla Lega che vuole associare le selezioni ad un numero preciso di posti e altre ancora (forse anche la regionalizzazione dei concorsi, con un numero di anni minimo per chiedere l’avvicinamento a casa).

Imminente è, invece, il concorso straordinario per 12mila posti, riservato ai diplomati magistrale e laureati in scienze della formazione primaria con 24 mesi svolti negli ultimi otto anni, solo nelle scuole statali: una selezione che, però, andrà a sanare solo una piccola parte dell’esercito di maestri in lista d’attesa.

La lunga lista…

Ma è la lunga lista dei nodi da sciogliere è lunga. Rimane da risolvere quello della carenza di docenti di sostegno: ne mancano più di 50mila di ruolo e, soprattutto, mancano specializzati. Anche per loro il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, ha promesso un concorso a breve. C’è poi il problema dell’alternanza scuola-lavoro, il cui potenziamento previsto dalla Legge 107/15 piace veramente a pochi: il titolare del Miur ha detto che l’intenzione è di fare un passo indietro, riducendo, se non dimezzando, il numero totale di ore del triennio finale delle superiori.

C’è poi la tara degli organici di fatto, decine di migliaia posti inquadrati con scadenza al 30 giugno anziché al 31 agosto, che tutti i governi vogliono spostare in quelli di diritto ma senza però riuscirci.

Molta attesa c’è anche per le vaccinazioni obbligatorie, con le auto-certificazione delle famiglie, come previsto dalla circolare estiva Grillo-Bussetti, che dovrebbero esonerare i dirigenti scolastici da qualsiasi responsabilità. A proposito di presidi, va ricordato che avranno anche quest’anno il loro da fare per stare in regola con le norme sulla sicurezza degli edifici delle scuole di cui sono responsabili: almeno la metà degli istituti necessita infatti di urgenti interventi e manutenzioni, che spettano però agli enti locali, i quali a loro volta sono in perenne attesa dei finanziamenti specifici.

Stipendi da ritoccare

Infine, va ricordato che a breve il contratto nazionale della categoria dei lavoratori della scuola volgerà al termine: gli ultimi aumenti, sottoscritti lo scorso aprile, sono stati a dir poco tardivi e non certo esaltati. Ora, sarebbe il caso di voltare pagina. Ma occorrono, ovviamente, cospicui finanziamenti, che molto difficilmente potranno arrivare con la prossima Legge di Bilancio. Nel frattempo, gli stipendi di docenti e Ata continuano ad essere tra i più bassi d’Europa: mentre si continua a parlare di merito e non merito, il gap rispetto ai colleghi di altri Paesi rimane davvero alto, superiori ai mille euro lordi medi mensili.

E anche le buste paga dei presidi devono essere ritoccate, con l’intesa sul rinnovo del 2018 che tarda ad arrivare.

Intanto, un altro anno sta per iniziare.

Alessandro Giuliani

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