Pronti, partenza, via. Con i collegi dei docenti, in presenza e on line, inizia il nuovo anno scolastico. Come andrà? Dalle premesse l’unica certezza è che sarà complicato. Perché mentre i politici si accavallano nel promettere rilanci e investimenti sul comparto pubblico più devastato dai tagli negli ultimi 15 anni, c’è ancora una pandemia da gestire. E nel frattempo i livelli medi di competenze degli alunni, concentrati in classi ancora affollate (oltre 15 mila con più di 27 allievi nella stessa aula), risultano in continua discesa.
Diciamo subito che il 99% delle classi sono le stesse di inizio 2020, quando il Covid ancora non c’era. Dopo il lockdown siamo tornati in classe coprendoci il volto con le mascherine, garantendo il distanziamento, tenendo aperte le finestre e facendo tanta didattica a distanza. L’anno scorso è venuto meno il metro di distanza.
Quest’anno è stato abrogato tutto, anche quella DaD che sembrava dovesse accompagnarci per sempre. Non ci saranno nemmeno gli aeratori, tanto decantati dai virologi.
Quindi, l’unica barriera al Covid rimarrà quella delle finestre, da aprire sostanzialmente sempre. Con i presidi che dovranno fare controllare la qualità dell’aria (da chi non si è ancora compreso) e questa sarà praticamente la stessa aria che circola al di fuori degli edifici: è probabile, non è uno scherzo, che nelle grandi città si rilevi più anidride carbonica che particelle di virus.
A docenti e presidi toccherà anche decidere cosa fare se alunni e personale si presenteranno a scuola con raffreddore o sintomi influenzali, un’ipotesi che si riscontrerà molto spesso anche per il venire meno della DaD.
Sarà poi l’anno dell’arrivo dei primi grandi finanziamenti dell’Europa, riconducibili al cosiddetto Pnrr.
Sono in arrivo, anche nei prossimi anni, oltre 10 miliardi per asili nido, scuole dell’infanzia, mense, palestre, impianti sportivi, 100 mila aule 4.0 e poi 212 scuole innovative. La fetta più grande andrà al Meridione e nelle Isole.
Si andrà ad agire, comunque, su non oltre 400 plessi: uno ogni cento, visto che ne abbiamo oltre 40 mila. Per gli altri si agirà con la manutenzione e gli ammodernamenti: si spera che si riesca almeno a garantire alle scuole (tutte!) quella certificazione, anche antisismica, che manca in circa la metà degli istituti.
Per assicurarci i fondi del Pnrr, il Governo ha poi introdotto la riforma sul reclutamento e la formazione: la prima ha alzato l’asticella dei requisiti per diventare docente, con un importante incremento dei crediti formativi minimi; la seconda obbligherà tutti gli insegnanti a formarsi sul digitale (gratuitamente) e uno ogni tre a fare innovazione didattica (questa invece incentivata).
Per rimarcare all’Ue che l’Italia crede nel merito professionale anche a scuola, è stato introdotto poi il docente esperto: un prof ultra-formato (con tre trienni di corsi alle spalle) che vedrà però solo tra dieci anni i 5.600 euro di aumento lordo annuo. Anche in questo caso, l’accesso sarà riservato. Anzi, riservatissimo: potranno diventare “esperti” solo il 5% dei docenti, appena 32 mila su oltre 650 mila di ruolo. E questo aspetto è stato rimarcato dai sindacati e da quasi tutti i partiti, compreso il Pd, vicino al ministro Patrizio Bianchi, che hanno chiesto di stralciare il provvedimento.
Dalle ultime notizie che giungono dal Senato, dove in questi giorni si sta esaminando il decreto Aiuti bis contenente la norma sul docente esperto, sembra che il provvedimento risulti però di fatto “blindato”, proprio per le importanti implicazione che comporta a livello europeo.
Una delle poche novità dell’anno scolastico al via sarà rappresentata dall’arrivo dei docenti specializzati di motoria nelle classi della quinta primaria.
Nel frattempo, però, si riparte con almeno 150 mila cattedre vacanti, 15 mila amministrativi, tecnici e ausiliari supplenti, qualche centinaio di scuole senza il loro dirigente scolastico, quasi 2 mila prive del Dsga. In generale, c’è anche carenza di personale Ata.
E l’organico Covid, uno dei motivi della manifestazione Anief del 30 agosto a Roma, non è stato confermato: in quel contingente c’erano soprattutto collaboratori scolastici, almeno uno in più per scuola, che hanno dato un prezioso apporto per sanificare di continuo gli istituti e gestire le uscite ordinate degli alunni dalle classi.
Sul sostegno agli alunni disabili si continua come sempre: oltre 90 mila nomine annuali si faranno nei prossimi giorni ed andranno a personale in alto numero nemmeno specializzato.
Anche le immissioni in ruolo rispecchiano i limiti degli ultimi anni: delle 94 mila previste se ne completeranno non più della metà, perché (soprattutto nella secondaria) molte delle graduatorie di merito, le GaE e le Gps prima fascia sostegno continuano ad essere sguarnite.
I concorsi – ben sette tra ordinari e straordinari – non hanno nemmeno tamponato la situazione, tra l’altro con strascichi non indifferenti nei tribunali per via dei tanti errori presenti nelle prove che prevedevano gli scritti. Anche le regole di gestione del precariato non sembrano più adeguate.
Tutto il personale rimane infine in attesa del rinnovo del contratto, con l’ultimo aumento, di circa 85 euro lordi medi, risale al 2018: intanto, il costo della vita aumenta e il gap rispetto ai colleghi europei aumenta.
Non sarà un anno scolastico semplice. Buon anno a tutti dalla Tecnica della Scuola, ad iniziare a chi dovrà svolgerlo in condizioni difficili, a chi è precario e lavora lontano da casa.
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