L’anno scolastico prende il via così come era terminato: con tante incertezze. Anzi, per certi versi il quadro si è complicato. Perché a giugno ci si era lasciati con il lockdown e la didattica a distanza da metter alle spalle, ma soprattutto la convinzione di poter riprendere a settembre con le lezioni in presenza e con tanta voglia di rivalsa per recuperare il tempo perduto. Invece, si è arrivati all’appuntamento già piuttosto scarichi.
I dirigenti scolastici hanno passato l’estate a verificare, gomito a gomito con i loro responsabili della sicurezza, le distanze dei banchi per garantire il distanziamento, a riempire in tempi record i ‘form’ sui monitoraggi del Ministero, a stabilire come spendere i fondi assegnati alle scuole per attrezzarsi, a chiedere integrazioni di organico (basteranno meno di due docenti o Ata in più per plesso?), a sperare di ricevere i banchi monoposto promessi per il 7 settembre, a studiare normative e rapporti in continua evoluzione. Molti presidi hanno dovuto pure intrattenere rapporti stretti con enti locali e “vicini” di scuola per individuare (spesso senza esito) gli spazi aggiuntivi dove far fare lezione.
Tra i docenti e il personale Ata si è aggiunto lo scoramento al disorientamento. Soprattutto tra quelli più avanti negli anni, dimenticati pure dall’Istituto superiore di sanità, il quale nell’ultimo rapporto sul rientro in classe non ha dato seguito alle indicazioni primaverili dell’Inail sui lavoratori “fragili”. Il ravvedimento non sembra soddisfarli, visto che non bastarà certo l’età, i 55 anni, per poter essere annoverati come tali: per rientrare nella “fragilità” fisica bisogna certificare patologie e pure di un certo rilievo.
Del resto, stiamo parlando di un numero impressionante di docenti (tra i 200 mila e i 300 mila, che in altri tempi sarebbero in gran parte da tempo in pensione) e senza la loro presenza in classe il sistema si bloccherebbe.
Va anche detto che per tanti insegnanti italiani, soprattutto per i più giovani, l’anno 2020/21 rappresenta una sfida da vincere: per dimostrare che anche in condizioni di emergenza la scuola sa andare avanti, assolvendo al suo straordinario ruolo di formare i giovani.
Una sfida che la maggior parte dei prof ha dichiarato di volere vincere già prima di iniziare, svolgendo il test sierologico consigliato gran voce dagli scienziati.
Fornendo, in tal modo, anche un esempio da seguire tra gli studenti. Ai quali si chiede, mai come stavolta, di comportarsi “da grandi”. Di rispettare, quando torneranno a scuola, quelle regole e quei protocolli che in diversi casi nemmeno gli adulti hanno dimostrato di sapere onorare.
Gli interrogativi non mancano nemmeno per gli alunni: riusciranno, ad esempio, nell’impresa di muoversi sui mezzi di trasporto rispettando le percentuali di presenza e di tempo massimo, oltre che il metro di distanza?
Saranno in grado di rimanere in aula al loro posto per ore e ore consecutive? E, soprattutto dove non saranno arrivati i famosi banchetti monoposto del commissario Domenico Arcuri e nemmeno individuati gli spazi aggiuntivi promessi dal Ministero, ce la faranno a portare la mascherina ogni volta che gli verrà richiesto?
L’impresa appare titanica, ma non impossibile. Per realizzarla servirà chiarire loro, da subito, un concetto: il virus si combatte solo se collaboriamo tutti.
Certo, con l’avvio delle lezioni – speriamo non con orario ridotto, doppi turni e didattica distanza – servirà anche un po’ di fortuna: quella che non ha avuto una scuola di Verbania, già chiusa già prima di cominciare dopo l’accertamento di un caso di positività al Covid.
Alla scuola italiana, considerando anche la poca unità d’intenti tra i politici che la governano, potrebbe allora far comodo quello “stellone” che va oltre la logica e porta a superare mete impossibili. Per avvicinarsi alla normalità e battere il Covid nello stesso modo con cui si è presentato: subdolo e irrazionale.
La Tecnica della Scuola coglie l’occasione per porgere i più vivi auguri di buon inizio d’anno scolastico 2020/2021 a tutti i docenti, al personale Ata, ai dirigenti, agli alunni e alle loro famiglie.
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