Come si è arrivati alla firma del contratto scuola a così poca distanza dalla nomina del nuovo ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara? Già lo ha chiarito il nostro vice direttore Reginaldo Palermo, spiegando: “L’ipotesi più accreditata è che la Ragioneria Generale dello Stato avrebbe detto chiaramente che non era più possibile tenere fermi i 3 miliardi e mezzo delle risorse già stanziate per il rinnovo del contratto. Il timore era di sentirsi dire dalle autorità europee: L’Italia sta piangendo miseria e chiedete soldi per le riforme del sistema scolastico e poi avete addirittura miliardi non spesi. Questi soldi – avrebbero sottolineato alcuni dirigenti del MEF – vanno spesi entro il 31 dicembre, anche a costo di non firmare nessun contratto e di decidere gli aumenti mediante un atto unilaterale del Governo. E così i sindacati si sono di fatto arresi decidendo di chiudere rapidamente la trattativa. Questa ipotesi – continua il vice direttore Palermo – sembra avvalorata da un dato noto a tutti: l’accordo politico è stato siglato nella giornata di giovedì; venerdì i sindacati sono stati convocati all’Aran e si sono trovati di fatto di fronte alle tabelle degli aumenti già compilate. E così nel giro di pochissime ore la trattativa si è conclusa”.
Insomma, se i 300 milioni destinati al merito nella legge di bilancio 2022 prodotta dal Governo Draghi non fossero stati impegnati subito, entro il 31 dicembre 2022, essi sarebbero stati destinati ad altro uso nella legge di Bilancio 2023. Sul tema dice la sua anche il gruppo Scuola Bene Comune: “Prendere o lasciare, quindi, l’obiettivo del Governo era chiudere subito e prendersi i meriti e uscire con i comunicati stampa. Del resto nel programma elettorale dei partiti che hanno vinto le elezioni il 25 settembre c’era il contratto della scuola”.
In cambio le sigle sindacali hanno ottenuto che se non si dovessero reperire nuovi fondi dalla finanziaria 2023 si potrebbe provvedere alla nuova destinazione d’uso dei 300 milioni (inizialmente legati alla valorizzazione del merito) per la RPD, la retribuzione professionale docenti; e altri 100 milioni dalla Legge di bilancio 2023 andranno a finanziare la componente fissa della retribuzione accessoria di docenti e Ata per il 2022; infine ci sono i circa 2000 euro netti di arretrati.
Commenta Libero Tassella, di SBC: “Ora tutti cantano vittoria e mettono bandierine, ma credo ci sia poco da cantare, semmai un coro a voci mute sarebbe più adatto e la speranza che gli insegnanti si sveglino una buona volta, dato che hanno ricevuto dopo 40 mesi soldi svalutati dall’inflazione“.