La sentenza con cui il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Ministero contro la decisione del TAR Lazio in materia di nuovo PEI fa molto discutere nei social e fra gli addetti ai lavori.
Come abbiamo già spiegato il Consiglio di Stato ha esaminato accuratamente il ricorso del Ministero arrivando alla conclusione che il decreto 182 del 2020 è del tutto legittimo.
Il decreto ministeriale – spiega il CdS – non è direttamente impugnabile in quanto manca in esso “una lesione concreta ed attuale della situazione soggettiva dell’interessato che determini, a sua volta, la sussistenza di un interesse attuale all’impugnazione”.
I ricorsi contro gli atti amministrativi, infatti, non possono “trasmodare in un controllo oggettivo sulla legittimità dell’atto generale, in contrasto con gli enunciati principi sulla natura personale, concreta e attuale dell’interesse per cui l’ordinamento accorda tutela”.
In altre parole: si può impugnare un atto amministrativo a condizione che esso ponga in essere una concreta lesione di interessi e diritti tutelati dalla legge.
Il decreto 182 – aggiunge ancora il CdS – “non è idoneo a ledere interessi concreti se non attraverso la mediazione di un provvedimento applicativo, che renda attuale l’eventuale pregiudizio, radicando l’interesse alla reazione in sede giurisdizionale”.
Fra le righe della sentenza si sottolinea un aspetto molto importante: il provvedimento in questione è, di per sé, legittimo ma non si può escludere che la sua concreta applicazione possa ledere interessi o diritti legittimi.
In pratica se una famiglia dovesse fare ricorso per una riduzione di ore o per un esonero da alcune attività, come previsto dal decreto 182, potrebbe ottenere ragione dal TAR.
Ecco perché la sentenza del CdS non farà altro che aprire la strada ad un contenzioso senza fine.
Per evitare questo rischio il Ministero potrebbe però modificare, almeno in parte, il decreto 182 del 2020.
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