E’appena stato pubblicato il rapporto Eurydice Teachers in Europe: Careers, Development and Well-being, che ha come focus gli insegnanti della scuola secondaria inferiore.
Lo studio si propone di offrire risorse per comprendere l’impatto delle politiche nazionali sui comportamenti degli insegnanti, fornendo una base di dati per l’implementazione di future riforme e riguarda i 27 gli Stati membri dell’UE, oltre a Regno Unito, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Svizzera, Islanda, Liechtenstein, Montenegro, Macedonia del Nord, Norvegia, Serbia e Turchia. Le aree chiave dallo studio comprendono la crisi vocazionale e le politiche legate all’attrattività della professione, la formazione iniziale, lo sviluppo professionale continuo, le condizioni di servizio, le prospettive di carriera e il benessere degli insegnanti.
Attrattività della professione docente
Tra i dati più interessanti emerge subito la carenza di insegnanti, peggiorata negli ultimi anni e otto tra i 35 paesi presi in considerazione, tra cui anche l’Italia, soffrono sia di carenze che di eccesso di offerta. Le carenze sono più significative in materie come le STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e le lingue straniere. Anche l’invecchiamento dei docenti interessa più della metà dei sistemi educative, per esempio in Italia, oltre il 50% dei docenti andrà in pensione nei prossimi 15 anni e solo il 6,4% di insegnanti ha meno di 35 anni; dato che è peggiore di quello nazionale solo in Grecia e Portogallo con il 4,6% e 3,4% rispettivamente.
Tipologia delle condizioni di lavoro
A livello europeo, un insegnante su cinque lavora con contratti temporanei e tra gli insegnanti con meno di 35 anni, più di 1/3 lavora con contratti a tempo determinato, e in alcuni paesi, tra questi l’Italia, la Spagna, l’Austria e il Portogallo, sono addirittura più di due terzi, con contratti brevi e spesso non superiori a un anno. Il processo di reclutameno è spesso discontinuo e ancora una volta l’Italia si segnala per le sempre più frequenti assunzioni di insegnanti con contratti a tempo determinato.
Quella degli stipendi è una nota dolente in quasi tuti i paesi presi in considerazione dall’indagini, infatti solo in Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Finlandia e Inghilterra, la percentuale di insegnanti soddisfatti, o molto soddisfatti, del loro stipendio è superiore al valore medio UE del 38%. In Francia, Italia, Portogallo, Romania e Slovenia, pochi insegnanti sono soddisfatti. A ciò si collega la carriera dei docenti, che in tutta Europa è organizzata per step formali con specifici ruoli, oppure concepita solo in termini di aumenti salariali, come nel caso dell’Italia.
Formazione iniziale e fase di avvio alla professione
La maggioranza dei sistemi educativi europei richiede una qualifica minima equivalente alla laurea magistrale per l’accesso alla professione, una formazione professionale e, spesso, anche un periodo di pratica in classe. La percentuale di formazione professionale, tuttavia, varia da un 50% della durata totale della formazione iniziale nel Belgio francese, Irlanda e Malta a un 8% in Italia e Montenegro. Per quanto riguarda la fase di avvio alla professione per i nuovi insegnanti la media europea segnala che meno del 50% degli insegnanti ha preso parte a una qualche forma di programma di sostegno all’inizio della carriera. Il rapporto prende anche in considerazione la valutazione dei docenti, che appare essere gestita in modo piuttoso difforme in Europa: in alcuni paesi, è centralizzata e frequente, mentre gli insegnanti vengono valutati con minor frequenza (Belgio fiammingo, Italia, Spagna, Francia, Cipro, Austria, Paesi Bassi, Portogallo).
Mobilità
Dato infine che fa riflettere è quello relativo alla mobilità, per cui emerge che nel 2018 solo il 40,9% degli insegnanti europei è stato “mobile” almeno una volta come studente, insegnante o entrambi e solo in una minoranza di paesi, esistono programmi nazionali che finanziano la mobilità degli insegnanti all’estero per motivi di sviluppo professionale. La mobilità transnazionale degli insegnanti in servizio è inferiore alla media europea in Belgio, Bulgaria, Croazia, Italia, Malta, Slovacchia, Inghilterra e Turchia.
Il rapporto completo è disponibile a questa pagina: area