Il Coordinamento Nazionale Docenti per la disciplina diritti umani ha rilevato diversi elementi di criticità nei testi degli schemi di decreti legislativi di attuazione della legge n. 107/2015 ed ha deciso di darne ampia diffusione, al fine di rendere tutti i docenti partecipi delle evoluzioni normative, che potrebbero incidere in maniera determinante nel proprio futuro professionale.
In questa nota giuridica manifesta la propria posizione riguardo il disegno n. 377 “Schema di decreto legislativo recante riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione”.
In base ad uno studio realizzato dal nostro ufficio legale risulta quanto segue:
– Lo schema di decreto all’art. 2 prevede che sarà possibile accedere al ruolo attraverso un percorso strutturato in tre fasi: una fase di concorso; una fase di formazione triennale attraverso la frequenza di un corso di specializzazione; una procedura di accesso ai ruoli in senso stretto, previo superamento di valutazioni intermedie e finali del percorso formativo.
– Per l’accesso al concorso, lo schema di decreto all’art. 5 prevede, quali requisiti, la laurea magistrale accompagnata da una certificazione linguistica di livello B2, da un’attestazione di competenze informatiche e telematiche (non entriamo nel dettaglio in questa fase) ed un’attestazione di 24 cfu in materie antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche.
– In linea di principio, il superamento del concorso consente di accedere ad una formazione da realizzare presso una scuola di specializzazione, con corso retribuito dalla pubblica amministrazione della durata di tre anni.
– Parallelamente, l’art. 15 prevede che “è considerato titolo prioritario per l’ammissione al corso di specializzazione essere titolari di un contratto triennale retribuito di docenza presso una scuola paritaria” e che “l’iscrizione ai percorsi di specializzazione avviene in sovrannumero rispetto ai vincitori del concorso di cui all’articolo 3, sulla base della determinazione del fabbisogno e dell’autorizzazione da pat1e del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca”. In altri termini, si consente ai docenti che non abbiano vinto il concorso, ma che lavorino presso scuole paritarie, alle condizioni di cui sopra, di accedere in soprannumero alle scuole di specializzazione, previo superamento di un test. In tale caso, il corso di specializzazione non sarà retribuito;
Ebbene, in primo luogo, è evidente il contrasto dell’art. 5 con l’art. 1 della legge 107/2015, la quale invece prevede, per l’accesso al concorso, che sia necessaria l’abilitazione all’insegnamento (potrebbe trattarsi di un’illegittimità per eccesso di delega).
In secondo luogo, la disposizione indicata all’art. 15 introduce una novità sconvolgente nell’assetto già precario delle relazioni tra docenti e scuole paritare. In sintesi, un docente, persino abilitato, che non riuscisse a superare il concorso di acceso alla Scuola di specializzazione, avrebbe l’amara alternativa di “offrire” le proprie prestazioni ad una scuola paritaria, con la speranza di ottenere un’ammissione in soprannumero presso la scuola di specializzazione.
La soluzione desta notevoli perplessità, non solo dal punto di vista giuridico, ma anche dal punto di vista etico.
Da un punto di vista giuridico, è manifesto che un sistema del genere violerebbe i principi di meritocrazia, imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, consentendo alle scuole paritarie di acquisire una posizione di favore rispetto alle scuole pubbliche, per ciò che concerne l’accesso in sovrannumero ai corsi di specializzazione. Considerando, poi, che il corso di specializzazione dovrebbe avere una durata almeno triennale, i docenti delle scuole paritarie ammessi in soprannumero potrebbero essere costretti, loro malgrado, ad accettare determinate condizioni contrattuali e, per più di tre anni, essere sottoposti alla volontà del datore di lavoro privato, che ben potrebbe sciogliere il contratto o non rinnovarlo, con le ovvie conseguenze del caso.
Se a ciò si aggiunge la triste fama che accompagna alcune scuole paritarie, sotto diversi punti di vista, ciò che si prospetta per i futuri docenti è realmente sconcertante.
Dal nostro ufficio legale, esprimiamo un profondo dissenso in relazione a una simile procedura, che, oltre ad eccedere i limiti della delega, si palesa in manifesto contrasto con i principi fondamentali della Costituzione italiana.
Pertanto, con la finalità di tutelare le posizioni dei futuri docenti:
– Incitiamo tutti i sindacati ad intervenire prontamente con gli strumenti che gli sono propri;
– Esortiamo il Ministro dell’Istruzione a prendere visione dei citati articoli per adottare tutte le precauzioni opportune per rendere chiarificatore e incisivo il proprio intervento in relazione a una materia così controversa. E’ plausibile che l’ufficio legislativo ministeriale non abbia neanche informato lo stesso ministro di questa misura o che quest’ultima sia stata introdotta sine titulo. È, infatti, manifesto che la riforma, concepita in tali termini, confligge con i principi che, in più occasioni e durante tutta la sua carriera, lo stesso Ministro ha dichiarato di abbracciare.
– Invitiamo, come sempre, tutti i docenti a scriverci a coordinamentodirittiumani@gmail.com
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