Come ben sintetizzato da Giovanna Lo Presti sulla nostra testata, il ministero di Viale Trastevere ha dato recente prova di scarsa coerenza con la richiesta — spesso espressa parole dal ministro Valditara nei confronti di studenti e genitori — di maggior rispetto per i docenti. Il 13 giugno scorso, infatti, la nota n. 2800 “invita” le scuole superiori ad inviare entro il prossimo 31 agosto i risultati degli scrutini degli alunni con giudizio sospeso: pena, l’impossibilità di «accedere alle funzioni di trasmissione degli esiti finali oltre le date indicate». Decisione dovuta al “Piano di semplificazione per la scuola”, per realizzare “un’unica piattaforma online”.
Ergo: docenti al lavoro dopo Ferragosto, anche negli istituti che hanno programmato — secondo le norme vigenti — gli esami di “riparazione” (come si chiamavano un tempo) per i primi di settembre. Traghetti, alberghi, aerei prenotati (da docenti, studenti e famiglie)? Tutto annullato: «Vuolsi così colà dove si puote».
È materia sindacale di rilevanza costituzionale, giacché le ferie son diritto indisponibile, sancito dall’art. 36, comma 3 della nostra Carta fondamentale. Eppure, tra i sindacati “maggiormente rappresentativi” (peraltro molto ricchi, tutelati e potenti), nessuno fiata. Son forse anch’essi convinti, come l’italiota medio, che gli insegnanti godano dei famosi “tre mesi di ferie” e siano superpagati per il poco che fanno? L’unica protesta sindacale viene da un “eretico” sindacato di base, che subito diffonde un infuocato Comunicato Stampa.
Tuttavia molti collegi di docenti protestano qua e là per l’Italia, e tre giorni dopo (il 16 giugno) arriva il ministeriale dietrofront: «Sarà possibile comunicare l’esito relativo alla sospensione del giudizio (…) entro e non oltre l’8 di settembre».
Sorge spontanea la domanda: perché allora tanta fretta di terminare tutto entro agosto, se era possibile concedere otto giorni in più senza danno? Forse ogni occasione è buona per far credere all’opinione pubblica che il problema principe della nazione siano le “troppe” ferie dei docenti?
Proprio in quei giorni si celebra nel Paese la beatificazione del benefattore Silvio Berlusconi, da poco passato a miglior vita, modello di probità e di rettitudine, da portare ad esempio per le giovani generazioni. Giusto e coerente, quindi, ribadire che i docenti, cui la Patria affida i fanciulli, non abbiano a nutrir troppe pretese e badino a rigar dritto; anche a costo di rinunciare a qualche giorno di ferie, alla cogenza delle proprie delibere collegiali, alla propria dignità di lavoratori e di professionisti. Anche se sono i docenti meno pagati d’Europa e i laureati peggio remunerati d’Italia. Anche se l’ingiunzione viene da funzionari ministeriali che — al contrario — conoscono un trattamento economico ben diverso. Pedagogia sociale all’italiana.
Le leggi, però, sono dalla parte dei docenti: e, quand’anche tutto il Paese odiasse i docenti stessi, leggi e contratti vanno rispettati. I collegi dei docenti possono dunque legittimamente deliberare di organizzare gli esami di “riparazione” ai primi di settembre, senza che nessuno possa contestar loro questo diritto, nemmeno in nome di una maggiore efficienza organizzativa (raggiungibile semmai, in un Paese civile, attraverso l’assunzione dei tantissimi docenti e ATA precari).
In materia di organizzazione della didattica il Collegio dei docenti è sovrano: lo dice il D.Lgs. 297/1994 (“testo unico” della Scuola) all’articolo 7; ed il principio esiste già nel D.P.R. 31 maggio 1974, n. 426 (Decreti Delegati), all’art. 4. Mezzo secolo di giurisprudenza legittima la sovranità dei docenti in ambito didattico: ed offrire agli studenti il maggior tempo possibile, per recuperare le carenze, è scelta squisitamente didattica; quindi incontestabile.
Inoltre, il D.P.R. 122/2009 (articolo 4, comma 6) permette di organizzare gli esami anche agli inizi di settembre.
Malgrado tutto ciò giungono comunque tuttora dall’intera Penisola notizie di forti pressioni da parte dei dirigenti scolastici, per convincere i collegi a decidere di anticipare gli esami di sospensione del giudizio — fin dal prossimo anno scolastico 2023/24 — a luglio o agosto, in barba a tutto quanto detto sopra. C’è forse un “ordine di scuderia” non ufficiale impartito dall’Alto? Lo lascerebbe pensare il fatto che le pressioni in tal senso si fanno più intense di anno in anno.
Gli insegnanti devono però sapere e ricordare che sono loro ad avere il diritto di decidere. Non siamo forse in regime di “autonomia scolastica” quale “garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale” (art. 1, comma 2 del DPR n. 275/1999)? O il linguaggio giuridico è da intendersi capovolto come in un romanzo di Orwell?
Nessuna entità, né umana né soprannaturale, in una democrazia può far strame di queste norme legislative: solo il Parlamento potrebbe cambiarle, legiferando in materia. «I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi», recita l’articolo 4 delle disposizioni preliminari al codice civile (preleggi). Esiste una gerarchia delle fonti normative, che condanna alla nullità note e regolamenti che contraddicano una legge.
Orbene, i docenti insegnano tutti educazione civica. «Si insegna quel che si è, non quel che si sa», diceva Jean Jaurès, politico socialista francese assassinato nel 1914 perché pacifista. Chi è capace di difendere i propri diritti, insegna democrazia e giustizia. Gli altri, al contrario, trasmettono servitù.
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