Le norme sugli obblighi di vaccinazione e le disposizioni applicative emanate in questi giorni dal Ministero stanno già facendo emergere difficoltà e punti deboli.
Come abbiamo già evidenziato anche i docenti e gli altri operatori scolastici dovrnno dichiarare la propria “posizione vaccinale” entro il prossimo 16 novembre.
Il modello predisposto dal Ministero prevede che il personale dichiari le vaccinazioni effettuate nel tempo, ma dà anche la possibilità di barrare la casella “non ricordo”.
E qui nascono i dubbi: ma se un docente afferma di non ricordare nulla per tutte le vaccinazioni richieste, cosa succedeerà?
Stando alla legge non dovrebbe capitare proprio nulla; ma se è così a che serve questa incombenza? Si tratta forse di un ulteriore adempimento burocratico e cartaceo ideato per irritare ancora di più docenti e personale Ata? Oltretutto va considerato che la gestione di 150 dichiarazioni (tanti sono – mediamente – i dipendenti di una istituzione scolastica) si tradurrà in altro lavoro per gli uffici di segreteria.
Ma c’è anche un’altra questione più complessa e delicata: nelle dichiarazioni del personale potranno essere presenti dati sensibili. Ora, le scuole (e così le altre pubbliche amministrazioni) possono trattare i dati sensibili solo se c’è una legge che lo consente; è vero che la legge c’è (si tratta appunto del DL 73/2017) ma non c’è un regolamento che ne definisca le modalità. Tanto è vero che la stessa circolare ministeriale (evidentemente chi l’ha redatta e firmata deve essere consapevole del problema) segnala “le Istituzioni scolastiche del Sistema nazionale di istruzione possono trattare esclusivamente i dati personali, anche sensibili, relativi all’adempimento, differimento, esonero o omissione dell’obbligo vaccinale che siano indicati nella documentazione prevista negli articoli 3, 3-bis e 4 del decreto-legge”.
Ma poco oltre si legge: “Le modalità e i tempi di acquisizione della comunicazione e del trasferimento diretto, tra amministrazioni, dei dati personali, relativi all’adempimento dell’obbligo vaccinale, devono essere quelli previsti dalla legge di conversione del decreto-legge”. Peccato che sulle concrete modalità di trattamento dei dati né il decreto né la legge di conversione dicano molto.
D’altronde non è la prima volta che le scuole (dirigenti scolastici e uffici di segreteria) si trovano in questa situazione: a distanza di anni, per esempio, si è ancora in attesa di un pronunciamento del Garante della Privacy con tutti i rischi che questa carenza comporta.
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