Personale

Obbligo a 18 anni e classi per materia

La scuola dell’obbligo? Dovrebbe durare 10 anni: 5 alla primaria + 3 alla secondaria di secondo grado + 2 alla secondaria di secondo grado in modo che i ragazzi abbiano più consapevolezza di scelta, riducendo “le asimmetrie informative che la caratterizzano: al termine di un percorso comune che definisce più organicamente cosa si “deve” sapere, la scelta di cosa si “vuole” imparare verrebbe attuata in modo più responsabile e informato”.

Le indagini Ocse-Pisa

La Voce.info fa una interessante analisi dei motivi per i quali i nostri ragazzi, così come descritto dalle indagine Ocse-Pisa, non hanno sufficienti conoscenze nella comprensione di un testo.

Infatti, secondo i due esperti che firmano l’articolo, “un ciclo 5+5 aiuterebbe a ridurrebbe gli stereotipi di genere verso le materie scientifiche e matematiche.. Spostarla più avanti aiuterebbe a non imporre precocemente come suo punto di riferimento (cioè come status quo) la segmentazione tra materie umanistiche e scientifiche, un male culturale profondo della scuola italiana”.

Tre anni anziché cinque

Inoltre, “i corsi di completamento dell’istruzione secondaria, di tre anziché cinque anni, potrebbero essere più focalizzati sugli obiettivi che intendono raggiungere. Vale per i licei, ma ancor più per la formazione tecnica e professionale”.

Il nodo della valutazione

Ma il punto nodale, secondo La Voce.info, è quello legato alla “valutazione e conseguente selezione degli studenti, che va  coraggiosamente riformata introducendo le classi per materia”.

Cosa sono le classi per materia? In altri termini, viene spiegato, con le classi per materia “si passerebbe da n a n+1 separatamente per materia. In tal modo si eviterebbe di mettere insieme alunni con livelli di preparazione troppo diversa. Le “bocciature” lungo il percorso sarebbero meno traumatiche (per esempio, se si è insufficiente nel secondo livello di italiano, lo si deve ripetere); e alla fine di un ciclo varrebbe l’ultimo voto ottenuto superiore alla sufficienza, di nuovo per materia. Per fare un esempio: se alla fine del percorso di istruzione secondaria sono previsti cinque livelli, uno studente può diplomarsi con 7/10 del quinto livello di scienze e 6/10 del terzo livello di inglese; e potrà essere ammesso ai corsi universitari o di altro tipo compatibili con quei livelli. L’essenziale è che le valutazioni siano “cieche” (come è per le prove Invalsi), perché sono le uniche eque e non manipolabili”.

“Full-immersion” per materia?

Ma si potrebbe pure, pensiamo noi, organizzare le materie secondo il principio della “Full- Immersion” praticata nei corsi di lingue all’estero. In altre parole, le ore complessive che ogni disciplina ha spalmate nel corso dell’anno, verrebbero condensate in un trimestre o un bimestre o in un mese o in settimane, cosicché gli alunni studierebbero e si concentrerebbero solo in quella disciplina. Chi non supera, alla conclusione del ciclo, una determinata materia o più materie, potrebbe ripetere una nuova “full-immersion” là dove è risultato carente, ma continuando però a seguire quelle del corso superiore.

Agli esami di Stato, infine, una commissione tutta esterna valuterebbe i risultati raggiunti dall’alunno, rilasciando una “certificazione” di punti di forza e debolezza del candidato il quale può decidere, se va male di ripetere l’anno, oppure di cercare un lavoro oppure di iscriversi all’università ma non certamente di frequentare quelle facoltà dove è già stato giudicato carente.

Pasquale Almirante

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