Sul dibattito che si sta sviluppando relativo all’anticipo dell’obbligo a 5 anni e al diploma a 18 abbiamo posto 3 domande ad Alessandra Cenerini, presidente della Associazione Docenti Italiani.
Il Ministro parla di obbligo scolastico a 5 anni. Cosa ne pensa l’ADI?
La prima cosa che pensa l’ADi è che la scuola non ha bisogno di continui annunci spot. Ciò premesso non si può e non si deve intervenire sull’educazione dei piccoli in funzione del diploma a 18 anni. L’infanzia è una sola e la felicità dei bambini è nel presente.
E’ sbagliato sottrarre loro un anno di scuola dell’infanzia, un luogo bello dove possono imparare giocando. Abbiamo già troppe segnalazioni di rifiuto della scuola, di ansie, di chiusura in sé stessi di alunni della scuola primaria, al punto che dedicheremo una delle tre sessioni del nostro seminario estivo, Il segreto è l’equilibrio, alla ricerca di un nuovo equilibrio fra ritmi scolastici e ritmi biologici nel 1° ciclo. Siamo dunque contrari a forme di “precocizzazione” imposte. Senza parlare degli aspetti economici e tecnici della questione.
Rispetto a questi ultimi, vuole il Ministro Giannini riproporre il tormentone dell’”onda anomala” di berlingueriana memoria?
Non vi è dubbio che l’anticipo a 5 anni sia pensato in funzione del diploma a 18 anni. Ma è così importante uscire dal sistema a 18 anni?
L’ADi è favorevole al completamento della scolarizzazione a 18 anni, perché al di là di ogni altra considerazione, non è sostenibile mantenere persone che hanno raggiunto la maggiore età entro una scuola pensata e organizzata per minorenni. E’ d’altra parte una questione che ci trasciniamo da 30 anni. Il Ddl di riforma della scuola secondaria superiore approvato alla Camera nel 1978 (non passò al Senato per la fine della legislatura) prevedeva all’art. 10 l’avvio della sperimentazione per concludere la scuola secondaria a 18 anni. E stiamo ancora discutendo! Il “liceo corto” sarà oggetto di approfondimento della 2^ sessione del seminario estivo dell’ADi, nella quale sarà indagata una diversa organizzazione dei piani di studio. E’ infatti impensabile che la conclusione a 18 anni si realizzi con la compressione degli attuali curricoli quinquennali in 4 anni. Sarebbe pura follia.
Ma se è vero che l’ “anello debole” del nostro sistema è la secondaria di primo grado perché non si pensa ad un intervento serio su questo segmento scolastico?
Non c’è dubbio che occorra mettere mano anche alla scuola secondaria di 1° grado, avendo particolare attenzione alla formazione iniziale degli insegnanti e alla loro organizzazione del lavoro, in termini di maggiore omogeneità con la scuola primaria. Ciò detto le due cose non si escludono, anzi.
Non dimentichiamo che la scuola media unica, che doveva essere la risposta democratica all’avvento della scuola di massa, è stata invece costruita a misura e a immagine dell’antico ginnasio elitario, esattamente come è avvenuto in Francia. Ciò ha prodotto l’ipervalorizzazione della cultura generale tradizionale, che ha perpetuato e accentuato il disprezzo classista per la cultura del lavoro, con forme di emarginazione e con le note conseguenze sul successivo orientamento degli alunni. La gerarchizzazione dei percorsi secondari di 2° grado, dal liceo all’istruzione e formazione professionale, è tuttora tristemente attuale.
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