Innalzare l’obbligo scolastico fino a sedici anni per fornire ai giovani solide basi e permettere loro di maturare le scelte di vita da realizzare. E’ questo il messaggio giunto dal convegno “Tutti a scuola almeno fino a 16 anni” organizzato l’8 febbraio a Roma dalla Flc-Cgil e a cui hanno partecipato diverse personalità del mondo politico, istituzionale e professionale. Con l’approvazione dell’ultima Finanziaria l’obbligo di istruzione fino a 16 anni è, infatti, diventato un impegno per lo Stato, ma sull’effettiva presa di distanza dall’impianto “duale” proposto dalla Moratti – con i Licei da una parte e gli istituti Professionali a fare da scuole con molto di apprendistato pratico e davvero poco di istruzione teorica – non c’è ancora certezza. La stessa Legge voluta dal ministro Fioroni lascerebbe ancora spazio a più interpretazioni, le cui diverse facce sono state dibattute durante il convegno.
Pino Patroncini, della Flc-Cgil nazionale, ha criticato la riforma della secondaria voluta dal precedente Ministro, non risparmiando però delle frecciate all’attuale gestione del Ministero della Pubblica Istruzione: “l’ipotesi duale, ancorché depotenziata rispetto alle intenzioni originarie della Moratti, è ancora presente nel testo di legge – ha sottolineato Patroncini – ed è ancor più enfatizzata dall’eccezione prevista per la provincia autonoma di Bolzano dove addirittura l’obbligo si può assolvere nell’apprendistato”. Il rappresentante sindacale ha infatti ricordato come “tracce di questa separazione duale restano anche nell’attuale legge con la sopravvivenza dei corsi triennali, giustificata col pretesto della lotta alla dispersione, e di un lessico e una struttura complessiva propri dell’impianto morattiano. Questa conservazione non svela solo una scelta di compromesso ma anche un pregiudizio di fondo anacronistico perché non tiene conto dello spostamento dei confini tra lavoro manuale e lavoro intellettuale determinato dalla terziarizzazione dell’economia e dall’informatizzazione. Le stesse scelte adottate nei recenti provvedimenti volti ad affrontare il pur condivisibile rafforzamento degli indirizzi tecnico-professionali, fondate sulla costituzione di poli tecnico-professionali, rivela questo pregiudizio separatista e un anacronismo produttivista”. Qualche critica alle più recenti decisioni del Governo in fatto di scuola è giunta anche da Alba Sasso, vice presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati: “la dispersione scolastica – ha detto l’on. Sasso – va combattuta là dove nasce e questo richiede un impianto complessivo unitario, 3-16 anni,a partire dalla generalizzazione della scuola dell’infanzia, prevista nel programma di Governo e di cui si è persa traccia nei recenti provvedimenti. L’iter legislativo – ha concluso il vice presidente – dovrà essere accompagnato dalla riflessione sul biennio unitario”.
Viale Trastevere era rappresentato da Domenico Chiesa, della Segreteria tecnica del viceministro Bastico, che ha parlato “di necessità di un’ampia discussione: l’istruzione formale fino a 16 anni non è un optional, è una opportunità da dare ai giovani”.
Uno degli interventi più pregni di attualità, anche in riferimento ai recenti fatti di violenza accaduti fuori dello stadio di Catania, è risultato quello di Benedetto Vertecchi, professore ordinario di Pedagogia sperimentale all’università di Roma Tre. “I valori circolanti nella società – ha detto Vertecchi – divergono da quelli proposti dalla scuola perché ai giovani manca soprattutto la competenza simbolica: in questo stato è pericoloso realizzare precoci scelte di vita ed occorre invece allungare l’obbligo scolastico. L’allungarsi della vita – ha continuato Vertecchi – richiede che l’educazione dia solide basi e strumenti per ‘sostenere’ e affrontare i molti anni che seguono il periodo di apprendimento nella scuola: innalzare l’obbligo deve significare voler consentire nel resto della vita pensiero, autonomia, libertà e ciò è un punto nodale per la credibilità di una società. Occorre allora selezionare la proposta educativa per una scolarizzazione lunga affinché si possa essere capaci di cogliere il cambiamento e si abbiano le parole per capirlo e per interpretarlo”. Non sono mancate le critiche alle riforme scolastiche degli ultimi anni, in particolare a quella voluta da Letizia Moratti, che non hanno voluto o saputo innalzare l’obbligo: “I limiti della riforma Moratti – ha detto il professore universitario – stavano nella richiesta precoce di scelte di vita. Ci sono tempi di cambiamento delle scienze formali che sono lenti, perché si evolvono per accumulo sul corpo delle conoscenze, tempi rapidissimi di cambiamento per la tecnologia le cui conoscenze sono volatili”.