A volte o spesso parlando di scuola non ci si intende per alcune ragioni; la prima è che si ascolta solo superficialmente il proprio interlocutore, altra ragione è costituita dalla formulazione di posizioni rigide, dogmatiche. date per scontate e condivise, una terza ragione è costituita dal fatto di riferirsi sì alla scuola ma intesa o interpretata in modo diverso.
In proposito esistono almeno tre categorie di rappresentazioni della scuola, diverse a seconda del soggetto che le fa, del contesto in cui avvengono e della finalità; la prima è quella della scuola reale e vissuta, giorno per giorno, dall’interno e nelle classi, da docenti e studenti; una seconda categoria è costituita dalle rappresentazioni attuali ed esterne di chi vive la scuola al di fuori delle classi e dagli edifici scolastici, degli esperti, veri o sedicenti, che vogliono sentenziare e dar consigli ai lettori, plasmare e condizionare l’opinione pubblica; la terza categoria è quella di chi si riferisce a una scuola del futuro, spesso per far distrarre lo sguardo dalla scuola presente e reale, questa categoria è tipica dei decisori politici, o aspiranti tali.
Veniamo all’obbligo scolastico a 18 anni. Il 17 febbraio scorso, Adnkronos pubblicava la nota “ Scuola, si pensa a obbligo da 3 a 18 anni” dove potevamo leggere “Innalzare l’obbligo scolastico, portandolo da 3 a 18 anni, mentre attualmente l’istruzione è obbligatoria dai 6 ai 16 anni d’età. La proposta, a quanto apprende l’Adnkronos, è stata avanzata al tavolo a Palazzo Chigi presieduto dal premier Giuseppe Conte da Leu e avrebbe trovato delle aperture. O meglio, al riguardo “non ci sono chiusure nette”, spiegano alcune fonti presenti alla riunione. Portare a 3 anni l’asticella vuol dire rendere obbligatoria anche la scuola materna, che attualmente non lo è”.
Un primo commento immediato, a caldo è stata la battuta “obbligo a 18 anni? come sopraelevare una casa terremotata”.
Con meditazione e con riferimento alla catalogazione accennata all’inizio, l’idea (più che proposta) dell’”obbligo scolastico 3/18 anni” rientra nella terza categoria cioè “scuola del futuro e decisori politici”, si riferisce a una rappresentazione fatta da chi conosce poco la scuola attuale, reale e non dall’interno, non sa di disagi, fallimenti, dispersione, affollamenti di classi, precariato, tutto quello che non va e continua – ministro dopo ministro, riforma dopo riforma – ad andare male (a volte anche peggio) con troppa burocrazia, risorse sempre insufficienti, promesse mai mantenute, “priorità” ritualmente elencate, scaldate e riproposte, poi lucidate, ma generiche, vaghe, non monitorabili (tutte priorità = nessuna priorità).
C’è da chiedersi se chi ha formulato e azzardato questa estensione dell’obbligo 3/18 anni abbia considerato e valutato le altre iniziative, proposte e priorità avanzate in vario modo da chi la scuola reale la vive, la conosce dall’interno ed è in grado di riferirsi alle rappresentazioni della prima categoria.
Conviene citare un solo esempio di richieste organiche dei docenti, avanzato a Miur e Governo, meno di sei mesi fa, dopo seria consultazione degli stessi e titolato “ Dillo al Ministro”. Sarebbe interessante conoscere in quale posizione nell’elenco o piolo nella scaletta delle dieci richieste (*) ivi riportate potrebbe posizionarsi l’obbligo scolastico 3/18 anni.
Ma forse, per i decisori politici, detto obbligo scolastico, più che affrontare i problemi della scuola e le necessità reali del Paese, costituisce occasione (o pretesto) per evidenziare e valorizzare il profilo e il programma del proprio gruppo di appartenenza, e magari come vetrina o esca per future campagne elettorali, più o meno prossime.
Vincenzo Pascuzzi