C’è un raggruppamento politico-sindacale che vorrebbe allargare l’obbligo scolastico dagli attuale 10 anni a ben 15 anni: secondo questa “corrente”, si anticiperebbe l’inizio della scuola al primo anno della scuola dell’infanzia e poi fino alla maggiore età.
La proposta è stata prima lanciata da Maurizio Landini, segretario generale della Cgil: in un’intervista alla Stampa: dopo avere che il momento “è irripetibile” perchè “l’Europa sta mettendo a disposizione numerosi strumenti di sostegno e “ci sono le condizioni per utilizzarli tutti”, il sindacalista ha sottolineato che si dovrebbe iniziare a ragionare “sull’obbligo scolastico da 3 a 18 anni”.
Il segretario della Cgil ha proposto quindi la creazione di “un’Agenzia per lo sviluppo e il lavoro che definisca e indichi le aree e i modi di intervento, anche pubblico”.
Secondo Landini, inoltre, il messaggio degli Stati Generali dell’Economia è stato importante “perché ribadisce che c’è bisogno di tutti per progettare un futuro e un nuovo modello di sviluppo”.
Della necessità di innalzare l’obbligo scolastico, portandolo da 3 a 18 anni, mentre attualmente l’istruzione è obbligatoria dai 6 ai 16 anni d’età, ha parlato anche Leu: la proposta, a quanto apprende l’Adnkronos, è stata avanzata al tavolo a Palazzo Chigi presieduto dal premier Giuseppe Conte e avrebbe trovato delle aperture. O meglio, al riguardo “non ci sono chiusure nette”, spiegano alcune fonti presenti alla riunione.
“Portare a 3 anni l’asticella vuol dire rendere obbligatoria anche la scuola materna, che attualmente non lo è”, hanno sottolineato i parlamentari di Liberi e Uguali.
Il tema è del resto legato a doppio filo con la riforma dei cicli (la Lega continua a parlare di cancellazione della scuola media) e con lotta al contrasto alla dispersione scolastica, anche se aumentare solo l’obbligo non conduce automaticamente ad una maggiore frequenza, visto che già oggi, soprattutto al Sud, una percentuale non indifferente di alunni lascia ben prima dei 16 anni).
Sul tema, comunque, “una riflessione si aprirà, ma” le priorità sono due: “dispersione scolastica” e “asili nido”. A dirlo è stata la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, lasciando il tavolo a Palazzo Chigi.
“Abbiamo dei dati di dispersione scolastica, in particolare al Sud d’Italia, devastanti – ha detto la ministra – perché il 30% degli studenti lo perdiamo, non arrivano nemmeno a completare l’obbligo dei 16 anni, quindi per me questa è la priorità assoluta. Poi c’è un altro segmento, da 0 a 3 anni, che va valorizzato, perché abbiamo bisogno di asili nido, le mamme hanno diritto non di lasciare il lavoro per accudire i propri figli ma di avere asili nido in cui portare i figli. In legge di bilancio i primi passi sono stati fatti. Sono queste le priorità, sul resto apriremo le riflessioni del caso”, ha concluso Azzolina lasciando quindi la porta aperta.
La proposta, è bene ricordarlo, non è comunque del tutto originale: di innalzamento dell’obbligo scolastico si parla da diversi anni. Uno dei sostenitori più fervidi è stato, ad esempio, l’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlunguer che sul finire degli anni Novanta arrivò ad un passo dalla realizzazione del progetto, salvo doverlo poi abbandonare assieme alla carica di ministro.
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