Terza dose e obbligo vaccinale. La strada per vincere il Covid-19 è questa. Mancano i dettagli, ma la meta è chiara. A confermarlo è stato il premier Mario Draghi durante la conferenza stampa sulle ultime novità in tema di green pass e vaccinazione: dopo avere spiegato che si sta andando verso l’estensione del Green pass, alla luce di una campagna vaccinale che è al 69% e che punta a coprire l’80% della popolazione entro la fine di settembre, Draghi ha fatto intendere che sull’obbligo del vaccino si attende un via libera: quello di Ema e Aifa, che dovranno dichiararlo non più farmaco emergenziale ma ordinario. Nel frattempo, disco verde anche per la terza dose, a partire da persone fragili, come confermato dal ministro della Salute, Roberto Speranza.
In attesa di questa doppia rilevante novità, largo al discusso Green pass, che per i dipendenti scolastici è diventato da tre giorni indispensabile anche solo per mettere piede nel loro istituto: presto si prorogherà la durata, a 12 mesi, e la novità dell’ultima ora è che si potrà ottenere anche con test salivari, grazie a un emendamento approvato dalla Commissione affari sociali della Camera, come questo da diversi giorni su più fronti.
Sull’obbligo vaccinare, invece, ancora si studia: di sicuro, quando andrà a regime, con una legge ad hoc, verrà data la precedenza a cittadini fragili, malati cronici e anziani. E poi a delle precise categorie professionali, come è stato già fatto per quella sanitaria: gli operatori scolastici sono già collocate tra quelle prioritarie.
Più di qualcuno continua a parlare, quando si cita l’obbligo vaccinale, di decisione palesemente incostituzionale. Ma è proprio così?
Diversi esperti, anche di legge, sostengono di no: poiché alla base dell’obbligo vi sarebbe la necessità di bloccare la diffusione del contagio in atto, l’imposizione poggerebbe su basi solide, perché finalizzata al beneficio dell’individuo e di tutta la società.
L’agenzia Ansa ha raccolto alcuni pareri. E quasi all’unanimità sono portati a sostenere questa tesi.
A partire dal giurista Amedeo Santosuosso, professore di diritto, scienza e nuove tecnologie all’Università di Pavia, che parla di strada “fattibile in tempi brevi attraverso una legge, che rispetterebbe tutti i crismi di costituzionalità”.
L’accademico ricorda che l’articolo 32 della Costituzione “prevede la possibilità di imporre un trattamento sanitario obbligatorio attraverso una legge determinando così un obbligo generale per i cittadini. Una legge di questo tipo sarebbe giustificata dai benefici documentati che il trattamento, in questo caso il vaccino, porterebbe alla comunità ed ai singoli”.
La logica sarebbe la stessa che ha portato l’allora ministra della Salute Beatrice Lorenzin, nel 2017, ad introdurre l’obbligo vaccinale per la frequenza scolastica limitatamente ai vaccini dei primi anni di vita, come quello contro tetano, difterite, morbillo.
Secondo il virologo Fabrizio Pregliasco, promotore del vaccino “universale” (l’esempio è quello obbligatorio introdotto in Italia negli anni ’90 contro l’epatite b), è da lì che bisogna ripartire, coinvolgendo nell’obbligo i servizi sanitari già presenti sul territorio, con la collaborazione dei medici di base.
Santosuosso è convinto che “proprio la vantaggiosità per la comunità e anche per i singoli individui” metterebbe al riparo dalle accuse di incostituzionalità verso “una legge di questo tipo”. Quanto ai tempi, afferma, “questi dipendono dal Parlamento: in questo caso si tratta di una questione politica più che giuridica”. Ad ogni modo, precisa l’esperto, “è comunque possibile, anche in mancanza di una legge nazionale, procedere a obblighi vaccinali specifici per singole categorie lavorative”. E la scuola, ancora una volta, sarebbe in cima alla lista.
Dello stesso parere si è detto Amerigo Cicchetti, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di Roma, che parla di “strada segnata, per l’Italia come per le altre Nazioni, al fine di bloccare l’epidemia” e “senza particolari problemi giuridici”,
Poi, specifica Cicchetti, che l’obbligatorietà dovrebbe essere “prevista non per tutti ma per categorie precise, a partire dalla scuola e Università, la PA a contatto col pubblico ed i trasporti”. Per gli altri infatti, “i rischi si possono ridurre ricorrendo al green pass e allo smart-working”.
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