Sul tema dell’obbligo vaccinale parliamo con il professore Francesco Clementi, docente ordinario di diritto costituzionale italiano e comparato presso l’Università di Perugia
Professore, c’è chi dice che l’obbligo di vaccinazione sarebbe addirittura incostituzionale. Come stanno le cose, secondo lei?
Ci sono alcuni elementi oggettivi innanzitutto. Il dato oggettivo principale è che la Costituzione italiana, all’articolo 32, sottolinea con assoluta chiarezza che le Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e della collettività; lo stesso articolo prevede anche che nessuno sia obbligato ad alcuna forma di trattamento sanitario se non per disposizione di legge. Questo è il punto di partenza di ogni ragionamento oggettivo.
La giurisprudenza successiva alla entrata in vigore della Costituzione ha modificato o integrato il quadro originario?
Su questa base, dal 1947 in poi si è formata una legislazione e una giurisprudenza costituzionale chiarissima che si basa su due punti fermi: il primo è che in mancanza di una norma di rango primario (per esempio una legge ordinaria o anche un decreto legge), i diritti individuali non possono essere toccati. Il secondo è che è indispensabile che ci sia un adeguato bilanciamento rispetto ai diritti che vengono toccati – il primo di questi riguarda l’autodeterminazione di sé – in ragione innanzitutto di una proporzionalità e di un principio di non discriminazione da rispettare.
Immagino che in questi 70 anni siano state affrontate anche altre questioni collegate
Va detto che tutta la giurisprudenza sul merito della questione ha evidenziato in questi anni tre questioni fondamentali.
Prima questione: si può vaccinare con un obbligo di legge? La risposta è sì.
Secondo problema: bisogna necessariamente vaccinare tutti o solo alcuni? La Corte risponde che si può vaccinare per categorie, cioè non a prescindere tutti purchessia, in modo sproporzionato e scientificamente non fondato.
Terzo elemento: non bisogna mai dimenticare la funzione alla quale deve assolvere la vaccinazione, che non può essere somministrata al buio; ovviamente ci devono essere ragioni e prove oggettive di questa necessità.
Quale elemento importante sul piano costituzionale è emerso in questi 18 mesi di pandemia?
Innanzitutto un punto chiaro: che la competenza della gestione di una epidemia deve essere dello Stato e non delle singole Regioni.
Questo perché siamo di fronte ad un fenomeno globale e non locale.
Ma allora se la soluzione deve essere statale, rientra nell’obbligo dello Stato prendersi cura della salute collettiva bilanciando il diritto dei singoli con l’interesse, appunto, della collettività.
Adesso si parla di green pass. Cosa ne pensa?
Sono molto favorevole, perché, di fronte ad una pandemia, l’opposto del green pass, è il lockdown: non maggiore libertà. E’ bene sottolineare quindi che avere la possibilità di poter fare vita sociale, uscire, lavorare, godere di un buon ristorante o di un bel film durante una fase pandemica, è un lusso che ci si può permettere soltanto se ciò non intacca la vita degli altri; d’altronde, è ben noto quella massima per la quale la mia libertà inizia e finisce quando comincia quella altrui. Pertanto apprezzo la scelta da parte del Governo di saper distinguere, non imponendo astrattamente un obbligo vaccinale per tutti. Del pari, tuttavia difendo il mio diritto ad avere una vita di comunità nonostante questa pandemia se posso stare in condizione di non nuocere a nessuno con il green pass, essendomi vaccinato.
Chi ritiene, invece, di non vaccinarsi naturalmente è libero di farlo, e il Governo infatti non ha obbligato nessuno: ma che la sua scelta – per cortesia – non metta a rischio la mia scelta di continuare a vivere in piena libertà, adottando appunto degli strumenti a tutela di chi mi è accanto nel rispetto di tutti e di ciascuno; a maggior ragione se quel qualcuno mi è caro, vorrei aggiungere. E fa bene quindi il Governo a proteggere, al tempo stesso, la salute di tutti e la libertà di scelta dei singoli di vaccinarsi o non vaccinarsi.
Però il caso degli insegnanti è un po’ diverso; l’insegnante va a scuola per lavoro e non per piacere; ed è per questo che qualcuno dice che alla fin fine non si può obbligare un docente a vaccinarsi.
Intanto va detto che non tutti i lavori sono uguali. Chi lavora come dipendente pubblico come me svolge una funzione pubblica, di carattere sociale e lavora in nome e per conto della collettività.
Allora chi lavora per il pubblico (penso alle forze dell’ordine, agli operatori sanitari, al personale scolastico o universitario appunto) deve garantire che chi entra in contatto con lui in ragione della funzione sociale che ciascuno di noi esercita, sia tutelato e protetto. Sarebbe ben paradossale infatti che chi lavora per il pubblico, cioè per il prossimo, sia il primo “untore” del prossimo. Insomma, chi lavora per la comunità non può al tempo stesso nuocere alla comunità.
Sta passando l’idea che i docenti e il personale della scuola debbano vaccinarsi non per obbligo di legge ma in nome di principi etici e sociali. Cosa ne pensa?
In genere quando si va a dormire, capita di fare i conti con la propria coscienza. Ed averla libera da pensieri rende, come noto, il sonno migliore. Personalmente penso quindi che le libertà non siano un pasto gratis, e che il rovescio dei diritti siano i doveri, dai quali nessuno si può chiamare fuori, a meno che non voglia sottrarsi, del pari, pure al godimento dei diritti. In questo senso la Costituzione, all’art. 54, è chiarissima richiedendo disciplina ed onore, oltre che fedeltà alla Repubblica e alle sue leggi, per chi esercita funzioni pubbliche. E poiché non esiste una politica cattiva ed una società buona, se la società, cioè ciascuno di noi, vivrà meglio i suoi doveri – soprattutto se opera nel pubblico – sarà più adeguata anche nei suoi diritti: trovando, opportunamente, una rappresentanza politica -aggiungo- più adeguata al futuro che ci aspetta appena usciti da questa drammatica crisi sociale, sanitaria ed economica che stiamo vivendo.
In questo caso, quindi, più che di principi etico-morali chiamerei proprio in causa, tra diritti e doveri, la natura della funzione di docenti e di educatori che si svolge. Non si può essere così irresponsabili da non riconoscere che il nostro comportamento può rischiare di nuocere la vita degli altri, a maggior ragione se si ha una responsabilità sulle vite degli altri, come è per i docenti con gli studenti.
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